La “strana” diffida per il contratto di apprendistato concluso senza forma scritta

Pubblicato il 18 gennaio 2013

L’impresa Gamma e il lavoratore Tizio si accordano per instaurare un rapporto di apprendistato. Gamma inoltra la comunicazione UNILAV, ma rimanda ai giorni seguenti la redazione in forma scritta del contratto. Nel frattempo il personale ispettivo effettua un accesso ispettivo presso la sede di Gamma e accerta che il contratto di apprendistato non è stato concluso in forma scritta. Sicché tale inosservanza viene sanzionata mediante procedura di diffida ex art. 13 D.Lgs. n. 124/04. È legittimo l’operato degli ispettori?



Premessa

L’esame della disciplina contenuta nel D.lgs. n. 167/11 (di seguito per brevità T.U.) non può prescindere da un commento dell’art. 2 comma 1 lett. a) relativo agli obblighi di forma del contratto e delle istruzioni applicative diramate sul punto dal Ministero del Lavoro con circolare n. 29 del 2011. Senza anticipare contenuti che verranno sviluppati nel corpo della presente esposizione, vale comunque premettere che l’avere assoggettato l’osservanza degli obblighi strutturali di conclusione del contratto di apprendistato alla procedura di diffida di cui all’art. 13, D.lgs. n. 124/04, costituisce espressione di un scelta antitetica alle basilari regole che governano la formazione del contratto. Da qui l’impegno dell’interprete nel cercare di ricostruire l’istituto secondo schemi più aderenti ai principi dell’ordinamento civile e, se possibile, anche rispettosi della funzione istituzionale sulla corretta applicazione del T.U..

Forma scritta e contratto di apprendistato


L’art. 2 comma 1 lett. a ) del T.U. stabilisce che per la conclusione del contratti di apprendistato occorre osservare la forma scritta e che quest’ultima è richiesta anche per il “
patto di prova e del relativo piano formativo individuale da definire, anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali, entro trenta giorni dalla stipulazione del contratto. L’art. 7 comma 2 del T.U. sanziona l’inosservanza dell’obbligo, non già con la conversione del contratto di apprendistato in un ordinario contratto di lavoro subordinato e a tempo indeterminato, quale conseguenza della regola della nullità parziale di cui all’art. 1418 II comma c.c., bensì con l’irrogazione di sanzioni amministrative da applicare mediante procedura di diffida ex art. 13 D.Lgs. n. 124 cit..

A un prima lettura delle previsioni del T.U. si è così posto l’interrogativo se il richiamo alla forma scritta, richiesto per la conclusione del contratto di apprendistato, avesse ancora, come in passato, la valenza di requisito strutturale per la perfezione del negozio e quindi se tale forma fosse tuttora richiesta ad substantiam actus.

E invero nel momento in cui si consente alla parte datoriale di redigere in forma scritta il contratto di apprendistato in un momento successivo rispetto alla genesi del negozio si riconosce, non tanto implicitamente, che le modalità sacramentali di manifestazione della volontà non costituiscono requisito essenziale ai fini della validità dell’atto.

D’altro canto non pare neppure plausibile ritenere che nel contratto di apprendistato l’elemento formale assolva una funzione probatoria, e cioè sia richiesto ad probationem, poiché, se così fosse, risulterebbe irragionevole prevedere sanzioni amministrative per l’inosservanza, non di obblighi, ma di oneri, la cui osservanza è appannaggio esclusivo delle parti.

Per superare l’impasse parte della dottrina e lo stesso Ministero del Lavoro, con argomentazioni non del tutto convincenti, hanno asserito che l’avere introdotto la procedura di diffida ex art. 13 D.lgs. n. 124 cit. per sanzionare l’inosservanza agli obblighi formali non pregiudicherebbe la concezione tradizionale che richiede per la conclusione del contratto di apprendistato il requisito della forma scritta ad substantiam.

La prassi amministrativa


In dettaglio il Ministero del Lavoro con circolare n. 29 cit. ha ritenuto che l’unico organo legittimato a sancire la conversione del contratto di apprendistato in ordinario contratto subordinato a tempo indeterminato per mancanza della forma scritta del contratto di apprendistato, del patto di prova e del relativo piano formativo individuale sarebbe il Giudice, laddove venga adito in via esclusiva dal lavoratore. Invece ove tali violazioni vengano riscontrate dal personale ispettivo quest’ultimo dovrebbe limitarsi ad adottare procedura di diffida ex art. 13 D.lgs. 124 cit..

Si tratta di un’interpretazione inusitata perché rivisita in modo originario la categoria della nullità ed attribuisce ad essa una natura ibrida, con effetti diversificati a seconda dell’organo che effettua l’accertamento.

In particolare l’assunto ministeriale degrada la nullità assoluta per mancanza di forma scritta in nullità relativa, rilevabile, non da chiunque vi abbia interesse e quindi anche dall’organo amministrativo, ma esclusivamente dal lavoratore, in protezione del quale viene significativamente ridotto il potere di accertamento del personale ispettivo.

In altre termini, tale impostazione sembra applicare al diritto del lavoro la categoria della nullità protettiva, coniata per tutelare, dalla posizione di forza dell’impresa, il consumatore, al quale viene impropriamente assimilato il lavoratore, nei cui confronti viene curiosamente contrapposto, non già il datore di lavoro, ma l’organo ispettivo, i cui poteri di accertamento vengono inopinatamente affievoliti, se non proprio snaturati.

Le motivazioni di parte della dottrina


Ancora più sorprendenti sono le argomentazioni addotte dalla dottrina per suffragare l’interpretazione ministeriale: “Con tale previsione il Legislatore tenta di arginare fenomeni usualmente verificatisi nelle attività ispettive in materia di apprendistato consistenti nella fattispecie di un’accertata mancanza o di un constatato ritardo nella formalizzazione scritta del contratto di apprendistato che porta gli ispettori dalla trasformazione del contratto e alla ricostruzione del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (con relativi recuperi contributivi), ma con la conseguenza che, appena dopo poche settimane dalla trasformazione del contratto e dall’esito dell’ispezione, il lavoratore qualificato (che non ha portato a termine l’apprendistato) viene licenziato. Con l’attuale previsione normativa, invece, il Testo Unico impone al datore di lavoro (diffidandolo) di completare l’attività contrattuale con l’apprendista facendo salvi i diritti del lavoratore di adire l’autorità giudiziaria per una diversa tutela, ove ritenga che il proprio rapporto debba essere comunque ricostruito in tipologia diversa dall’apprendistato”.

Se effettivamente fosse questa l’idea che ha spinto il Legislatore a scrivere la disposizione di cui all’art. 7 comma 2 del T.U., c’è da rimanere perplessi.

Ciò infatti sembra rappresentare la dichiarazione di resa dello Stato nel garantire l’attuazione del principio della legalità. Nella motivazione si legge un’ammissione d’incapacità dello Stato nel contrastare i fenomeni ritorsivi realizzati in danno al lavoratore, il quale viene abbandonato, in nome di un’immaginaria libertà, davanti alle soglie della porta del labirinto giudiziario.

Un’altra prospettiva esegetica


L’aderenza ai valori e ai capisaldi dell’ordinamento porta gli scriventi a ritenere che sia un’altra l’interpretazione che garantisca coerenza sistematica tra l’art. 2 comma 1 lett. a) e l’art. 7 comma 2 del T.U..

Occorre premettere che il T.U. rischia di essere pedante nel predisporre la disciplina di un contratto formativo la cui attuazione necessitava in realtà di due semplici regole:

  1. apprendimento esclusivamente on the job per il lavoratore;

  2. sgravi contributivi previsti, in forma premiale, se del caso applicati in via progressiva, per l’impresa che garantisce l’occupazione di apprendisti.


Tali regole invece sono state aggrovigliate nel T.U. con tutta un serie di adempimenti che appesantiscono il contratto a scapito del datore di lavoro e dell’apprendista, il cui rapporto viene contrassegnato da procedimenti di delegificazione (attuati persino in favore degli enti bilaterali), orpelli burocratici e vincoli formali e tra questi ultimi si annovera il requisito della forma scritta del contratto richiesta verosimilmente ad substantiam.

Tale scelta sottende l’applicazione delle regole previste in materia di requisiti contrattuali.

Segnatamente l'art. 1418 c.c. individua tra le fattispecie di nullità del contratto la mancanza di un requisito essenziale ex art. 1325 c.c.. Anche la forma rientra tra i requisiti del contratto ove prevista, ai sensi dell’art. 1325 n. 4 c.c., a pena di nullità. Come sopra detto il contratto di apprendistato richiede per la sua conclusione il rispetto della forma scritta ad substantiam. L’inosservanza dell’obbligo formale comporta per legge la nullità del contratto di apprendistato, con la conseguente conversione dello stesso, ai sensi dell’art. 1419, II comma, c.c., in ordinario contratto subordinato a tempo indeterminato. Sicché, considerato che la nullità dell’atto è stabilita per legge, ne segue che anche l’autorità amministrativa è legittimata a rilevare la carenza strutturale del contratto mediante l’adozione un tipico provvedimenti dichiarativo, qual è il verbale ispettivo, procedendo conseguentemente alla conversione dell’accordo in ordinario contratto subordinato a tempo indeterminato. Quanto alla procedura di diffida, questa, per espresso disposto di cui all’art. 13 D.lgs. n. 124/04, è applicabile solo qualora il personale ispettivo riscontri inosservanze di legge e/o contrattuali “[…] comunque materialmente sanabili”. Sicché l’adozione di tale procedura, imposta dell’art. 7 comma 2 del T.U., per l’inosservanza, tra l’altro, dell’art. 2 comma 1 lett. a ) del T.U., costituisce richiamo alle parti per definire e trascrivere, in maniera esaustiva e chiaramente comprensibile, tutto il regolamento contrattuale. Ne segue pertanto che la diffida di cui all’art. 13 D.lgs. n. 124 cit. sarà applicabile, non nell’ipotesi in cui le parti non abbiano osservato la forma scritta, perché in tale caso il contratto è colpito da nullità, ma piuttosto quando il regolamento contrattuale, completo dei suoi elementi essenziali, sia stato trascritto nel documento in maniera non dettagliata o non intellegibile (es. non venga indicato il CCNL applicato dall’impresa ovvero il piano formativo non contiene una distribuzione articolata per materia delle ore di formazione)

Tale interpretazione non è stata considerata dal Ministero, il quale ha preferito soluzioni confacenti alle tecniche di redazione del T.U. e il personale ispettivo, dal suo canto, si è limitato a seguire le istruzioni dell’organo apicale per la soluzione del caso di specie.

Il caso concreto


L’impresa Gamma e il lavoratore Tizio si sono accordati per instaurare un rapporto di apprendistato. Gamma ha inoltrato la comunicazione UNILAV, ma ha rimandato ai giorni seguenti la redazione in forma scritta del contratto. Nel frattempo il personale ispettivo ha effettuato un accesso presso la sede di Gamma ed ha accertato che il contratto di apprendistato non è stato redatto in forma scritta. Sicché per tale inosservanza il personale ispettivo, in applicazione della circolare n. 29 cit. del Ministero, ha diffidato Gamma a redigere il contratto in forma scritta. Alla luce di ciò è facile arguire che gli ispettori abbiano correttamente applicato la circolare n. 29 cit. del Ministero del Lavoro e il loro operato può pertanto qualificarsi rispettoso delle istruzioni emanate dal Dicastero. Tuttavia, l’esegesi ministeriale non pare sostenibile con i basilari principi dell’ordinamento e in ragione di ciò potrebbe essere giustificato quel personale ispettivo che, anziché seguire le istruzioni contenute nella circolare n. 29 cit., opti per un’interpretazione aderente al testo normativo di cui all’art. 13 del D.lgs. n. 124 cit. che contempla l’applicazione della diffida solo a fronte di inosservanze materialmente sanabili. E in esse non pare che possa comprendersi l’assenza della forma scritta, quando come nel caso di specie, tale requisito viene assurto a elemento strutturale del contratto.


NOTE

iCfr. Ministero del lavoro circolare n. 40 del 2004.

ii Anche la mancanza del patto di prova è sottoposta a sanzioni amministrative.

iii Senza scomodare le regole basilari dell’ordinamento circa la ripartizione delle attribuzioni tra poteri dello Stato è sufficiente richiamare il principio per cui il procedimento ispettivo postula il conferimento agli ispettori di vere e proprie potestà di controllo riguardo a tutte le leggi in materia di lavoro: tali attribuzioni culminano con provvedimenti di natura dichiarativa e sanzionatoria (Giannini, Diritto amministrativo, I Milano, 1993, 362). L’accertamento dei fatti e le conseguenti valutazioni, in quanto contenuti in atti dichiarativi e non costitutivi, non possono ritenersi appannaggio dell’Autorità Giudiziaria, atteso peraltro che quest’ultima, come da manualistica, espleta le proprie funzioni in maniera strumentale e secondaria. Sicché considerato che la nullità è categoria invalidante l’atto rilevabile mediante provvedimenti dichiarativi e non costituivi e oltretutto accertabile da chiunque vi abbia interesse ne segue che anche l’autorità amministrativa è legittimata a riscontrarne la presenza.

iv Cfr. Pierluigi Rausei “Il nuovo apprendistato” IPSOA 2011 pagg. n. 97 e ss..

v La previsione di canali formativi esterni all’impresa sembra aderente all’idea che nel contratto di apprendistato siano meritevoli di considerazione anche interessi patrimoniali alieni al lavoratore, invero appannaggio dei soggetti formatori.

vi Tant’è che lo stesso Ministero con circolare n. 29 cit. ha affermato che l’obbligo della forma scritta richiesta per la conclusione del contratto di apprendistato non possa ritenersi adempiuto mediante la consegna al lavoratore di copia della comunicazione UNILAV. Dunque tale comunicazione non surroga il contratto perché giustamente non ha valore costituivo ai fini dell’instaurazione del rapporto di lavoro. Sennonché la prospettazione ministeriale conduce all’assunto che consente la regolarizzazione di un lavoratore occupato “in nero” mediante contratto di apprendistato. E invero una volta che si affermi che la mancanza della forma scritta richiesta per la conclusione il contratto di apprendistato è sanabile in un successivo momento mediante procedura di diffida e correlativamente si escluda (correttamente) la natura costituiva della comunicazione UNILAV, si giunge ad ammettere la possibilità per l’impresa di regolarizzare con tale tipologia contrattuale anche il lavoratore occupato in nero. Per quanto tale soluzione non appaia così irragionevole, il Ministero, forse consapevole di essere caduto in corto circuito con un altro proprio pregresso orientamento (cfr. circolare n. 33 del 2009 e cfr. circolare n. 38 del 2010), ha affermato, con motivazione piuttosto perentoria e di natura politica, ma non giuridica, che il lavoratore in nero non è comunque regolarizzabile mediante contratto di apprendistato (cfr. circolare n. 29 cit.).

vii Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 21/05/2008, n. 12985; Trib. Bologna Sez. lavoro, 11/11/2010; Trib. Milano Sez. lavoro, 05/07/2010.

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