La tenuità del fatto esclude la punibilità

Pubblicato il 03 marzo 2016

La particolare tenuità del fatto è stata ricompresa tra le cause che escludono la punibilità a seguito dell’intervento normativo di cui al Decreto legislativo n. 28/2015, in vigore dal 2 aprile 2015.

Ai sensi del nuovo articolo 131-bis del Codice penale - appunto introdotto con il citato Decreto - l’esclusione della punibilità riguarda i reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena.

La causa di non punibilità opera nelle ipotesi in cui, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, del Codice penale, l'offesa sia di particolare tenuità e il comportamento risulti non abituale.

A quasi un anno dalla sua introduzione, la giurisprudenza di legittimità ha contribuito a fornire una prima lettura per quel che concerne il perimetro applicativo del nuovo istituto.

Presupposti di non punibilità

Offesa di particolare tenuità, casi di esclusione

Come sopra ricordato, la causa di esclusione della punibilità risulta operativa quando l’offesa sia tenue e segua ad un comportamento non abituale dell’attore.

Si precisa che nel testo della nuova disposizione è altresì spiegato che, in ogni caso, l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità:

          - per motivi abietti o futili;

          - con crudeltà, anche in danno di animali;

          - adoperando sevizie;

          - approfittando delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa;

Con riferimento all’aspetto della particolare tenuità dell’offesa, si segnala una sentenza della Corte di cassazione, la n. 40350 depositata l’8 ottobre 2015, con la quale è stata esclusa l’applicazione della causa di non punibilità rispetto ad un’imputazione per omesse ritenute previdenziali in considerazione del fatto che gli importi evasi non erano, nella specie, così esigui da poter essere considerati “di particolare tenuità”.

Ciò anche alla luce della circostanza che – si legge nella sentenza - le ritenute previdenziali costituiscono componenti della retribuzione trattenute al lavoratore per la formazione dell’accantonamento a fini previdenziali, quindi “aventi una finalità essenziale”, tanto che la distrazione dei relativi importi da parte del datore rappresenta un danno per la posizione previdenziale del lavoratore, certo non qualificabile come "particolarmente tenue".

Comportamento abituale 

Sempre nel testo dell’articolo 131-bis Codice penale è, poi, espressamente sancito che il comportamento è da ritenere “abituale”:

Rispetto alla condizione della non abitualità, si segnala la sentenza di Cassazione n. 34208 del 5 agosto del 2015, nella quale l’esclusione della punibilità è stata ritenuta non configurabile in una vicenda in cui le condotte ascritte all’imputato risultavano essere state plurime e reiterate nel tempo (nella specie, era stata contestata la violazione di prescrizioni inerenti la sicurezza pubblica).

Parimenti, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata esclusa nella decisione della Suprema corte n. 47256 del 30 novembre 2015, pronunciata nei confronti di un uomo, processato per omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, a cui erano state contestate più condotte di omissione, in continuazione fra loro.

E ancora, è stata riconosciuta “abituale”, pertanto tale da escludere la causa di non punibilità in esame, la condotta di un uomo condannato per aver coltivato, senza autorizzazione ed all'interno del cortile di casa sua, quindici piantine di marijuana. L'elemento ostativo, in detto contesto, è stato rinvenuto nel fatto che l’uomo aveva commesso più reati della stessa indole, e questo anche se ciascuno di essi, isolatamente considerato, era di particolare tenuità. Si trattava, per la Corte, di reati aventi ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate (Cassazione, sentenza n. 38364 del 22 settembre 2015).

Ancora su questo aspetto, sono intervenute anche le Sezioni unite penali della Cassazione le quali, con informazione provvisoria n. 4/2016 del 25 febbraio 2016, hanno precisato che il comportamento è da ritenere “abituale” qualora l’autore abbia commesso, anche successivamente, più reati della stessa indole, oltre quello oggetto del procedimento.

Reato permanente, concorso formale e continuazione

In altra pronuncia della Suprema corte, la n. 47039 del 27 novembre 2015, è stata affermata la possibile applicazione, al reato permanente, della causa di non punibilità in esame.

Tale tipo di reato – è stato sottolineato - non è riconducibile nell'alveo del comportamento abituale come individuabile ai sensi dell'art. 131 bis Codice penale, sebbene possa essere oggetto di valutazione con riferimento all' "indice-criterio" della particolare tenuità dell'offesa.

Questo in quanto il reato permanente è caratterizzato non tanto dalla reiterazione della condotta, quanto piuttosto da una condotta persistente, con conseguente protrazione nel tempo degli effetti, dunque dell'offesa al bene giuridico.

Nella stessa decisione è stato, inoltre, evidenziato che la particolare tenuità non può essere esclusa neppure nell’ipotesi, come quella della vicenda esaminata, in cui sia in contestazione un concorso formale di reati (nella specie, erano state contestate all’imputato sia una infrazione alla normativa urbanistica che a quella paesaggistica, entrambe poste in essere con la medesima condotta).

Trattasi – per la Cassazione – di unicità di azione od omissione, tale da non poter essere collocata tra le ipotesi di condotte plurime, abituali e reiterate che impediscono, ex articolo 131-bis del Codice penale, la concessione della non punibilità.

Per contro, è stato evidenziato che lo sbarramento di cui al terzo comma di quest’ultimo articolo opererebbe per i reati avvinti dal vincolo della continuazione e, in particolare, anche nell’ipotesi di due violazioni di sigilli commesse in tempi diversi come quelle specificamente contestate (Cassazione, sentenza n. 29897 del 13 luglio 2015).

Fattispecie interessate

Per quanto riguarda le specifiche tipologie di reato a cui la causa di esclusione di punibilità in oggetto è applicabile, le Sezioni unite penali, nell’informazione provvisoria n. 4/2016 sopra richiamata, hanno evidenziato che la medesima riguarda “ogni fattispecie criminosa, nella sussistenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla medesima norma” (articolo 131-bis Codice penale).

Nel dettaglio, le Sezioni unite penali, espressamente interrogate sul punto, hanno risposto affermativamente circa la compatibilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto con il reato di guida in stato di ebbrezza (informazione provvisoria n. 4/2016) e con quello di rifiuto di sottoporsi ad accertamento alcolometrico (informazione provvisoria n. 5/2016).

Di nuovo le Sezioni unite penali dovranno, invece, rispondere alla questione loro sottoposta con ordinanza n. 21014 del 20 maggio 2015 dalla Terza sezione penale della Cassazione circa la compatibilità dell’istituto in riferimento ai reati di natura fiscale.

Con altra decisione - sentenza n. 44132 del 2 novembre 2015 – i giudici di legittimità hanno, invece, affermato la non incompatibilità della particolare tenuità del fatto con gli illeciti penali per i quali il legislatore abbia utilizzato la c.d. tecnica della "soglia" (il reato nella fattispecie contestato era la guida in stato di ebbrezza alcolica, ex art. 186, comma 2, Codice della strada).

Profili applicativi 

Disciplina retroattiva 

Per quel che concerne i profili puramente processuali, si segnala che la causa di esclusione della particolare tenuità del fatto ha avuto, fin da subito, ampia applicazione anche per i procedimenti penali in corso.

Ed infatti, già dal primo arresto di Cassazione sull’istituto (Cassazione n. 15449 dell’8 aprile 2015), è stata affermata la natura retroattiva della relativa disciplina.

Nella pronuncia sopra richiamata - successivamente confermata anche dalla sentenza dei giudici di legittimità n. 29897 del 13 luglio 2015 - è stato precisato come, sebbene il legislatore non abbia previsto una apposita disciplina transitoria, la natura sostanziale dell’istituto di nuova introduzione ne consenta l’applicazione anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore, con conseguente retroattività della legge più favorevole, ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 2, comma 4 del Codice penale.

Modalità applicative 

Come osservato dal Massimario di Cassazione nella relazione n. III/02/2015 del 23 aprile 2015, il Decreto legislativo n. 28/2015 ha dettato una disciplina relativa alle modalità applicative del nuovo istituto esclusivamente per la fase precedente la pronuncia del decreto di archiviazione e della sentenza di proscioglimento pre-dibattimentale ex articolo 469 del Codice di procedura penale.

Secondo la prima lettura offerta dal Massimario, sarebbe ragionevole ipotizzare l’immediata operatività della non punibilità per particolare tenuità del fatto nei processi in corso celebrati con il rito ordinario o con quello abbreviato, pendenti in fase di merito, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 2, quarto comma, del Codice penale. Ciò alla luce dei tratti distintivi della nuova disciplina in oggetto.

Maggiormente problematico apparirebbe, invece, stabilire se la non punibilità per particolare tenuità del fatto possa essere rilevata – in linea generale, e non solo specificamente nei processi in corso – all’udienza preliminare, nell’ambito dei riti speciali diversi dal giudizio abbreviato e nel giudizio davanti alla Corte di cassazione.

Rilievo in Cassazione 

Su tale ultimo punto hanno fornito risposta diverse pronunce di legittimità enunciate nei mesi successivi all’entrata in vigore della novella.

In particolare, si segnala la sentenza di Cassazione n. 15449 dell’8 aprile 2015, ai sensi della quale la questione di particolare tenuità del fatto ben può essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità nei casi in cui, in considerazione della recente introduzione, non avrebbe potuto essere prima dedotta in appello.

Ed ancora, in altra decisione della Suprema corte a conferma della rilevabilità della questione anche nel giudizio di legittimità – sentenza n. 29897, del 13 luglio 2015 – viene altresì sottolineato che, poiché l’applicabilità dell’istituto presuppone valutazioni di merito, oltre alla necessaria interlocuzione dei soggetti interessati, in detta sede dovrà preventivamente verificarsi la sussistenza, in astratto, delle relative condizioni di applicabilità, procedendo, poi, in caso di valutazione positiva, all’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito affinché valuti se dichiarare il fatto non punibile.

Rinvio al giudice di merito che altra pronuncia (Cassazione n. 44683 del 6 novembre 2015) non ritiene, invece, necessario ogni qualvolta già dalla sentenza impugnata risultino palesi la ricorrenza dei presupposti oggettivi e soggettivi formali e un apprezzamento del giudice di merito coerente alla conclusione logica che il caso di specie vada sussunto nella particolare tenuità del fatto.

In dette ipotesi – si legge nella decisione - non vi è ragione, anche solo sistematica, per escludere la possibilità di diretta applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto da parte della Corte di cassazione, in applicazione dei poteri di annullamento senza rinvio che l’articolo 620, lettera l) del Codice di procedura penale le riconosce.

Da ultimo, con informazione provvisoria n. 4/2016, le Sezioni Unite penali di Cassazione hanno precisato come, ai fini dell’applicazione dell’istituto della particolare tenuità:

 

Quadro Normativo

Decreto legislativo n. 28 del 16 marzo 2015

Articolo 131-bis del Codice penale

Corte di cassazione - Sezioni unite penali - informazione provvisoria n. 4/2016 del 25 febbraio 2016

Corte di cassazione - Sezioni unite penali - informazione provvisoria n. 5/2016 del 25 febbraio 2016

Corte di cassazione - sentenza n. 47256 del 30 novembre 2015

Corte di cassazione - sentenza n. 47039 del 27 novembre 2015

Corte di cassazione - sentenza n. 44683 del 6 novembre 2015

Corte di cassazione - sentenza n. 44132 del 2 novembre 2015

Corte di cassazione - sentenza n. 40350 depositata l’8 ottobre 2015

Corte di cassazione - sentenza n. 38364 del 22 settembre 2015

Corte di cassazione - sentenza n. 34208 del 5 agosto del 2015

Corte di cassazione - sentenza n. 29897 del 13 luglio 2015

Corte di cassazione - sentenza n. 21014 del 20 maggio 2015

Corte di cassazione - sentenza n. 15449 dell’8 aprile 2015

Massimario di Cassazione – relazione n. III/02/2015 del 23 aprile 2015

 

 

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