L’amministratore delegato di una Società per Azioni può essere anche dipendente della stessa?

Pubblicato il 10 febbraio 2012

Tizio e Caio sono soci non di maggioranza e amministratori unici rispettivamente di Alfa Spa e Beta Spa. Queste ultime società sono a loro volta titolari ciascuna del 50% del capitale sociale di Gamma Spa in cui è previsto un sistema di amministrazione collegiale, composto da tre membri: un presidente e due amministratori. Nel 2008 Alfa Spa e Beta Spa nominano rispettivamente Tizio e Caio amministratori delegati di Gamma Spa, conferendo agli stessi il potere di firma disgiunta, esteso all’ordinaria e alla straordinaria amministrazione. Sempre nel 2008 Tizio e Caio instaurano un rapporto di lavoro subordinato di natura dirigenziale con la società Gamma Spa. Nel mese di ottobre 2011 il personale ispettivo della DTL sottopone ad accertamento le posizioni lavorative di Tizio e Caio con la società Gamma Spa. Gli ispettori esaminano la situazione e constatano altresì che il libro del C.d.a. di Gamma Spa contiene indirizzi di programma impartiti a Tizio e Caio per il raggiungimento dell’oggetto sociale di Gamma Spa. In base a tali risultanze gli ispettori contestano alla società Gamma Spa il carattere fittizio dei rapporti di lavoro dirigenziali instaurati con Tizio e Caio e comunicano agli enti previdenziali, assicurativi e fiscali tali risultanze per i provvedimenti di competenza. È corretto l’operato degli ispettori?




Gli amministratori nelle Società per Azioni: aspetti generali

Preliminarmente e in via di massima possiamo rilevare che gli obiettivi e le strategie di mercato di una società per azioni vengono generalmente stabiliti dall’assemblea dei soci. Il compito invece di tradurre tali obiettivi in azioni concrete, e quindi di portare a esecuzione le relative delibere assembleari, viene affidato agli amministratori, che in tal senso svolgono una funzione di gestione ordinaria e straordinaria del patrimonio aziendale e di rappresentanza esterna della società. L'amministratore, in altri termini, è tenuto a coordinare la forza-lavoro e i fattori di produzione, a svolgere in sostanza tutte quelle attività occorrenti per il raggiungimento dell'oggetto sociale, nella prospettiva di garantire comunque la cura del patrimonio sociale. Ben si comprende che tale schema è molto più fluido in pratica, anche perché molto spesso, colui o coloro che ricoprono incarichi di amministrazione in seno alla società rivestono anche la posizione di soci della società medesima, la cui volontà risulta così manifestata, pur con la dovuta distinzione dei ruoli, dai medesimi soggetti.

Il sistema di amministrazione può essere individuale o collegiale.

Nel primo caso avremo un amministratore unico, nel secondo un apposito consiglio di amministrazione: il C.d.a., diretto da un presidente che viene designato dall'assemblea oppure dagli stessi componenti del consiglio di amministrazione. In questi casi spesso il consiglio delega ad uno o più amministratori l’espletamento di alcune funzioni amministrative.

Al riguardo può rilevarsi che il contratto stipulato tra la società e l’amministratore differisce in relazione al grado di autonomia con la quale quest’ultimo è tenuto a svolgere la propria attività. Sicché il rapporto in questione può alternativamente essere ricondotto a un contratto di natura autonoma, ovvero parasubordinata o infine subordinata.

Amministratore e lavoratore subordinato: cumulo di rapporti

Affrontiamo il caso in cui il soggetto viene chiamato a rivestire in seno alla società la duplice posizione di amministratore e di dirigente. La giurisprudenza della Suprema Corte è ormai assestata nel ritenere che la qualifica di amministratore di una società commerciale non è di per sé incompatibile con la condizione di lavoratore subordinato alle dipendenze della stessa società, poiché, né il contratto di società, né l'esistenza del rapporto organico che lega l'amministratore alla società valgono ad escludere la configurabilità di un rapporto obbligatorio tra amministratori e società, avente ad oggetto, da un lato la prestazione di lavoro e dall'altro, sinallagmaticamente, la corresponsione di un compenso.

E infatti il rapporto organico che lega l’amministratore alla società riguarda soltanto i terzi, verso i quali gli atti giuridici compiuti dall'amministratore vengono imputati direttamente alla società, con la conseguenza che, sempre verso i terzi, assume rilevanza solo la persona giuridica e non anche l’amministratore.

Nei rapporti interni, invece, nulla esclude la configurabilità di rapporti obbligatori tra società e amministratore essendo rispettivamente centro di interessi distinti. L’amministratore, in quanto persona fisica, conserva una propria soggettività giuridica che gli permette di instaurare con la stessa società tutta una serie di altri rapporti giuridici, tra i quali, eventualmente, anche un contratto di lavoro subordinato.

In tale caso l’instaurazione di un rapporto dirigenziale, accanto alla posizione di amministratore, trae spesso origine dall’interesse del soggetto di conseguire anche i vantaggi propri dello status di lavoratore subordinato, in termini sia retributivi, sia previdenziali e assistenziali, sia di maggior stabilità del rapporto. E infatti per il dirigente la disciplina retributiva, contributiva, assicurativa e fiscale segue le regole generali per la generalità dei lavoratori subordinati. Invero il dirigente occupa una posizione sovraordinata rispetto ai dipendenti dell’azienda e al tempo stesso subordinata rispetto alla società datrice di lavoro, nei confronti della quale il dirigente stesso deve infatti rispondere del proprio operato risultando soggetto al potere direttivo, di controllo e, non da ultimo, al potere disciplinare.

Nella prospettiva di garantire che tale cumulo di rapporti sia genuino e che non sottenda invece interessi fraudolenti volti a conseguire indebite prestazioni assistenziali e/o a precostituire illecite posizioni pensionistiche suscettibili di integrare anche gli estremi della truffa, occorre che le mansioni svolte nell’uno e nell’altro incarico rimangano distinte e che l’amministratore espleti la propria attività sotto il controllo e la direzione di altro organo sovraordinato.

Sullo sfondo di queste due direttive l’ammissibilità del cumulo di rapporti risulta condizionato anche dal tipo di amministrazione adottato dalla società ovvero se l’amministratore faccia o meno parte dei soci proprietari.

Il sistema di amministrazione individuale

Anzitutto occorre rilevare che ove venga prescelto un sistema di amministrazione individuale il cumulo è radicalmente escluso, a prescindere se l’amministratore sia o meno socio. Al riguardo infatti la giurisprudenza è ormai ferma nel ritenere che “la qualità di lavoratore subordinato non è compatibile con quella di amministratore unico di società di capitali datrice di lavoro, non essendo configurabile il vincolo di subordinazione ove manchi la soggezione del prestatore ad un potere sovraordinato di controllo e disciplina, escluso dalla immedesimazione in unico soggetto della veste di esecutore della volontà sociale e di quella di unico organo competente ad esprimerla”. Infatti, il cumulo nella stessa persona dei poteri di rappresentanza dell'ente sociale, di direzione, di controllo e di disciplina rende impossibile quella diversificazione delle parti del rapporto di lavoro e delle relative distinte attribuzioni che è necessaria perché sia riscontrabile l'essenziale e indefettibile elemento della subordinazione.

Il sistema di amministrazione collegiale

a
) Amministratore-socio

a
1) Amministratore-socio unico azionista

Laddove venga adottato un sistema di amministrazione collegiale e l’amministratore sia anche socio della società, il cumulo della carica sociale con un rapporto di lavoro subordinato è escluso allorché l’amministratore stesso sia anche unico azionista della società, poiché la concentrazione della proprietà delle azioni nelle mani di una sola persona esclude, nonostante la perdurante esistenza della società come distinto soggetto giuridico, l'effettiva soggezione dell'unico azionista alle direttive di un organo societario.

a2) Amministratore-socio sovrano

Sempre nella medesima prospettiva tale cumulo non è consentito neppure nell’ipotesi in cui l’amministratore, benché non sia socio unico, rivesta tuttavia la posizione di “socio sovrano”, così definito poiché possiede una partecipazione al capitale capace di assicurargli da sola la maggioranza richiesta per la validità delle deliberazioni delle assemblee (ordinarie e straordinarie). Sicché in concreto dalla sua volontà finiscono per dipendere la nomina e la revoca degli amministratori, l'irrogazione delle sanzioni disciplinari, l'assunzione di lavoratori e il loro licenziamento, l'esercizio del potere direttivo e di controllo sul personale. In tali casi il socio si presenta come l'effettivo e solo titolare del potere gestionale della società, al punto da identificarsi con l'attività dell'imprenditore, di per sé incompatibile con la posizione di lavoratore subordinato.

a3) Amministratore socio di maggioranza

Da ciò ne segue per converso la possibilità di affermare la compatibilità della qualifica di socio-amministratore, se del caso anche assegnatario di delega, con quella di lavoratore dipendente della società medesima allorché il socio-amministratore, membro del Consiglio di Amministrazione possieda una quota di capitale sociale di maggioranza, ma comunque inferiore al 51%, ponendo così nella condizione di non poter decidere unilateralmente le strategie della società.

a4) Amministratore socio di minoranza

In tale situazione, sempre che il socio non sia amministratore unico dell’azienda, è possibile prevedere la cumulabilità degli incarichi nel rispetto dei criteri indicati, che garantiscano la sussistenza del vincolo di subordinazione.

b) Amministratore non socio

Le considerazioni da ultimo esposte valgono a maggior ragione laddove l’amministratore sia comunque componente del C.d.a., ma non appartenga alla compagine dei soci. In tale caso il cumulo di rapporti si ritiene ammissibile anche quando al soggetto venga affidato l’incarico di presidente del C.d.a ovvero di amministratore delegato: è infatti configurabile una volontà della società volta alla costituzione e alla gestione del rapporto di lavoro, distinta da quella del singolo lavoratore.

Cumulo del rapporto di amministratore con quello di lavoratore dipendente: requisiti


Sul piano formale
è necessario che risulti ben netta la distinzione tra mansioni svolte come amministratore e mansioni espletate come dirigente e che tale diversità risulti chiaramente dal contenuto del contratto.

Inoltre, sul piano dell’esecuzione delle prestazioni lavorative, occorre che l’organo collegiale amministrativo eserciti di fatto un potere direttivo, di controllo e disciplinare sull’amministratore-dipendente, di modo che la volontà di quest’ultimo non si immedesimi con quella della società e che invece risulti netta la distinzione tra il soggetto che costituisce e gestisce il rapporto di lavoro e colui invece che esegue le prestazioni lavorative.

E così tale accertamento richiede la verifica del contenuto dello statuto e delle delibere societarie, dalle quali devono risultare le specifiche direttive di volta in volta impartite dalla società per l’espletamento delle prestazioni che contrassegnano l’attività dirigenziale, con la puntualizzazione che tali direttive, espressione del potere gerarchico, non debbano comunque risolversi in prescrizioni di tipo preventivo e meramente programmatico. Segnatamente, e sotto quest’ultimo profilo, occorre che la sussistenza di un simile rapporto risulti concretamente dall'oggettivo svolgimento di attività estranee alle funzioni inerenti al rapporto organico e riconducibili invece allo schema della subordinazione, intesa, come noto, nel senso di soggezione al potere direttivo, organizzativo e disciplinare dell'organo di amministrazione della società nel suo complesso. E tale soggezione risulta alquanto affievolita se non proprio inesistente laddove l’amministratore sia titolare di delega avente un contenuto molto esteso e che comprenda poteri incidenti sia sull’ordinaria sia sulla straordinaria amministrazione della società.

In merito poi al profilo probatorio la giurisprudenza è pressoché consolidata nel ritenere che è onere della parte che intende far valere la sussistenza del rapporto dirigenziale fornire prove rigorose volte a dimostrare il requisito della subordinazione.

Alla luce di tali premesse è possibile ora esaminare il caso concreto.

Esame del caso concreto

Nel mese di ottobre 2011 il personale ispettivo della DTL ha sottoposto ad accertamento le posizioni lavorative di Tizio e Caio con la società Gamma Spa. E invero, a seguito di un accesso ispettivo effettuato presso la sede di quest’ultima società, è emerso che Tizio e Caio rivestivano la posizione di soci non di maggioranza e amministratori unici rispettivamente di Alfa Spa e di Beta Spa. Queste ultime società sono risultate a loro volta titolari ciascuna del 50% del capitale sociale di Gamma Spa, in cui era previsto un sistema di amministrazione collegiale, composto da tre membri: un presidente e due amministratori. Dall’esame delle visure camerali è emerso che nel 2008 Alfa Spa e Beta Spa hanno nominato rispettivamente Tizio e Caio amministratori delegati di Gamma Spa, conferendo agli stessi il potere di firma disgiunta, esteso all’ordinaria e alla straordinaria amministrazione. Sempre nel 2008 è risultato altresì che Tizio e Caio hanno entrambi instaurato con la società Gamma Spa un rapporto di lavoro subordinato di natura dirigenziale.

In base al quadro emerso gli ispettori della DTL hanno rilevato il carattere fittizio dei rapporti di lavoro di Tizio e Caio con la società Gamma Spa, in quanto illecitamente preordinati a precostituire i vantaggi connessi allo status di lavoratori dipendenti.

La decisione degli ispettori, alla luce del percorso logico seguito, appare corretta.

Anzitutto se è vero che Tizio e Caio, in seno alla compagine sociale di Alfa Spa e Beta Spa (proprietarie di Gamma Spa), non siano unici azionisti o soci sovrani, è altrettanto vero che in tali società i predetti soggetti ricoprano rispettivamente l’incarico di amministratore unico e in tale veste, pertanto, immedesimano ed esprimono la volontà delle società proprietarie di Gamma Spa.

Correlativamente all'interno del C.d.a. di Gamma Spa (composto in tutto da tre membri), Tizio e Caio, oltre a rappresentare la totalità del capitale sociale, incorporano anche la qualifica di amministratori delegati, per di più muniti di firma disgiunta. All’uopo occorre osservare che la nomina di amministratori delegati è stata espressa da Alfa Spa e Beta Spa mediante i rispettivi amministratori unici (sempre Tizio e Caio) e che in tale designazione è insita la volontà di colui che designa, di essere a sua volta rappresentato dal designato.

In merito poi al conferimento della delega, questa risulta di contenuto amplissimo, poiché incidente sull’amministrazione ordinaria e straordinaria della società, così da assorbire o meglio neutralizzare le mansioni indicate nel contratto di lavoro dirigenziale sottoscritto da Tizio e Caio con Gamma Spa. Ben si comprende pertanto che Tizio e Caio svolgono attività lavorativa per conto di Gamma Spa in posizione nettamente apicale, se non di assoluto predominio, e quindi in assenza di un effettivo sindacato di controllo: in concreto, essendo il C.d.a. limitato nella sua composizione fisica a tre persone, dalla volontà di Tizio e Caio finisce per dipendere la completa gestione di Gamma Spa. A ciò si aggiunga, sul piano formale, che l’esame del libro del C.d.a. ha evidenziato che quest’ultimo non ha impartito puntuali direttive a Tizio e Caio, ma semplici indirizzi programmatici di per se stessi inidonei a esprimere, in capo all’organo collegiale, la titolarità di un potere gerarchico e di controllo atto a configurare la sussistenza del vincolo di subordinazione dei predetti soggetti alla società datrice di lavoro.

In sostanza, nella concreta situazione che si è venuta a configurare, atteso il numero dei consiglieri e le modalità di esercizio dei poteri di gestione, l'organismo di controllo è finito per confondersi con gli stessi controllati. Sicché, e concludendo, considerato che né Gamma Spa né Tizio né Caio hanno addotto elementi contrari e plausibili a superare le concordanti e univoche risultanze di cui sopra, gli scriventi condividono la decisione degli ispettori di ritenere insussistenti i rapporti di lavoro dirigenziali instaurati da Tizio e Caio con la società Gamma e di comunicare tali risultanze agli organi previdenziali, assicurativi e fiscali per i provvedimenti di competenza.

NOTE

i Sul piano degli adempimenti amministrativi e segnatamente in merito alla registrazione di iscrizione dell’amministratore, tale obbligo ricorre nella sola ipotesi in cui quest’ultimo svolga la propria attività al di fuori di un rapporto di completa autonomia e sempre che percepisca compensi o rimborsi e solo con riferimento al mese in cui tali somme siano state a corrisposte dalla società (cfr. circolare Ministero del Lavoro n. 20 del 2008).

L’INAIL, con circolare n. 66 del 2008, ha aderito all’orientamento della Suprema Corte di Cassazione circa la sussistenza dell’obbligo di assicurazione per coloro che appartengono alla compagine sociale ravvisato in particolare in due distinte ipotesi rappresentate rispettivamente:

  1. dallo svolgimento di attività lavorativa di tipo manuale;

  2. dallo svolgimento, in modo permanente o avventizio, di attività non manuale (cioè intellettuale) di sovraintendenza al lavoro altrui.

Peraltro, mentre in riferimento alla prima delle suddette ipotesi l'obbligo assicurativo sussiste a prescindere dal fatto che l'attività lavorativa sia prestata in forma subordinata o autonoma, con riguardo all'attività di sovraintendenza il suddetto obbligo sussiste solo nell'ipotesi in cui il relativo svolgimento avvenga in forma subordinata (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 15/04/2002, n. 5382).

ii Cass. civ. Sez. lavoro, 19/04/1999, n. 3886; ex multis Cass. civ. Sez. lavoro, 08/02/1999, n. 1081.

iii Per argomenti in tal senso cfr. Cass. civ. Sez. Unite, 14-12-1994, n. 10680.

iv Cfr. Cass. pen. Sez. II, 24/03/1992 secondo cui “in tema di rapporto di lavoro subordinato, sussiste un'assoluta incompatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente di una società di capitali e la carica di amministratore della stessa, quando tale organo non è collegiale, posto che il cumulo nella stessa persona - o in due soli amministratori con firma congiunta - dei poteri di rappresentanza, direzione e disciplina, rende impossibile quella diversificazione delle parti del rapporto di lavoro e delle relative distinte attribuzioni che è necessaria perché sia riscontrabile l'essenziale e indefettibile elemento della subordinazione che contraddistingue il relativo rapporto di lavoro subordinato”. Nella specie, è stato rigettato il ricorso con cui chiedevano il proscioglimento perché il fatto non sussiste gli imputati assolti, per insussistenza del dolo, dal reato di concorso in truffa, per avere indotto in errore i funzionari dell'Inps, facendo apparire un fittizio rapporto di lavoro subordinato allo scopo di riscuotere gli assegni familiari e di fruire della copertura assistenziale e mutualistica.

v Cfr. Cass. civ. Sez. V Sent., 13/11/2006, n. 24188, Cass. civ. Sez. lavoro, 29/05/1998, n. 5352.

vi Cfr. Cass. civ., 28/10/1983, n. 6413.

vii Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 19/05/1987, n. 4586.

viii Cfr. in motivazione Cass. civ. Sez. lavoro, 10/02/2000, n. 1490; ex multis cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 05/05/1998, n. 4532; cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 05/04/1990, n. 2823.

ix Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 12/01/2002, n. 329.

x Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 06/11/1995, n. 11565; ex multis Cass. civ. 19 agosto 1987, n. 6953; Cass. Civ. 18/06/1981, n. 3995, 10/11/1987 n. 8729, anche Trib. Genova Sent., 03/04/2000.

xi Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 12/01/2002, n. 329; cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 06/04/1998, n. 3527; cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 26/10/1996, n. 9368 e molte altre.

xii Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 14-05-1991, n. 5358 in motivazione; Cass. civ. Sez. lavoro, 08/02/1999, n. 1081 in motivazione; ancor più rigido l’INPS secondo cui “il presidente, l'amministratore unico e il consigliere delegato esprimono da soli la volontà propria dell'Ente sociale, come anche i poteri di controllo, di comando e di disciplina, in veste di lavoratori essi verrebbero ad essere subordinati di se stessi, cosa che non è giuridicamente possibile. Per essi pertanto, in linea di massima, è da escludere ogni riconoscibilità di rapporto di lavoro subordinato e della conseguente assoggettabilità agli obblighi assicurativi” (cfr. circolare INPS n. 179/89).

xiii Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 19-05-2008, n. 12630, cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 24/05/2000, n. 6819; Cass. civ. Sez. lavoro, 08/02/1999, n. 1081; isolata Cass. civ. Sez. lavoro, 03/12/1998, n. 12283 per cui in tema di ripartizione dell'onere della prova, stabilito dall'art. 2697 cod. civ., incombe sull'INPS l'onere di provare l'insussistenza del rapporto di lavoro subordinato.

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