Lavoratore invalido. Aspettativa prolungata in assenza di mansioni adeguate

Pubblicato il 24 agosto 2021

Possibile prolungare il periodo di sospensione con aspettativa non retribuita del dipendente invalido se non si ha posto dove ricollocarlo.

E’ stata definitivamente rigettata la domanda proposta da una lavoratrice ai fini della condanna della società datrice di lavoro al risarcimento del danno dalla stessa asseritamente subito.

Respinta la richiesta di risarcimento per mancata reintegrazione in servizio

La dipendente, invalida, lamentava che parte datoriale non avesse provveduto, pur disponendo di mansioni adeguate alle proprie condizioni di salute, pregiudicate da precedenti infortuni, alla sua tempestiva reintegrazione in servizio, prolungando illegittimamente il periodo di sospensione con aspettativa non retribuita.

Secondo la valutazione della Corte d’appello, tuttavia, l'istruttoria espletata non aveva consentito di accertare, in modo convincente, né l'esistenza né la disponibilità di ulteriori mansioni compatibili con le condizioni di salute e le relative prescrizioni mediche.

Questo fino a quando alla dipendente era stato offerto di essere adibita, con orario ridotto, al servizio "taxi", servizio cui la stessa, peraltro, aveva inizialmente rifiutato.

In tale contesto, era stato richiamato l’orientamento di legittimità secondo cui l'obbligo del datore di lavoro di assegnare all'invalido mansioni compatibili con la natura ed il grado delle sue menomazioni e a reperire, nell'ambito della struttura aziendale, il posto più adatto alle sue condizioni di salute non implica che il datore sia tenuto a modificare l'assetto organizzativo dei fattori produttivi da lui insindacabilmente stabilito.

La donna si era rivolta alla Suprema corte lamentando, tra gli altri motivi, che i giudici di appello non avessero correttamente applicato le regole sull'onere della prova in ordine alla ricorrenza della possibilità di ripresa del servizio in anticipo rispetto alla data in cui la stessa le era stata offerta, onere che, a suo dire, era stato posto integralmente a suo carico.

Cassazione: sì ad aspettativa se non c’è possibilità di ripresa del servizio

Con ordinanza n. 23137 del 19 agosto 2021, la Sezione Lavoro della Cassazione ha disatteso tutte le doglianze di parte ricorrente.

Per la Corte di legittimità, in primo luogo, non vi era dubbio che gli elementi di fatto accertati in sede istruttoria si basassero su un impianto probatorio offerto dalla società datrice.

La Corte territoriale, ciò posto, era stata in grado di valutare, una volta accertate documentalmente le condizioni fisiche della ricorrente e le relative prescrizioni mediche, tutte le opportunità di impiego della medesima, espressamente escludendole in motivazione, così da supportare il convincimento che la deducente non avesse dimostrato la propria residua utilizzabilità.

Per contro, la società aveva fornito elementi a sostegno dell'affermata insussistenza, in seno alla struttura aziendale, di posti disponibili.

I principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, in definitiva, erano stati correttamente interpretati dalla Corte di merito, e ciò in termini tali da non consentire, come immotivatamente preteso dalla ricorrente, la rotazione tra i dipendenti addetti, con distribuzione dei limiti di impegno dati dalla copertura in eccesso della funzione, al fine di permettere l'impiego della lavoratrice invalida.

Da qui il rigetto del ricorso della dipendente.

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