Lavoratore rifiuta il vaccino? Sospeso e senza retribuzione

Pubblicato il 03 agosto 2021

Vaccino rifiutato? Il lavoratore è inidoneo al contatto con la clientela: confermato il provvedimento datoriale di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione.

Dipendente no vax non idoneo al contatto con la clientela

Il Tribunale di Roma, sezione lavoro, con ordinanza del 28 luglio 2021, ha confermato il provvedimento con cui un datore di lavoro aveva sospeso una lavoratrice che, alla visita medica, era risultata non idonea alla mansione cui era addetta, stante il rifiuto di sottoporsi a vaccinazione contro il Coronavirus.

Il medico competente, nel dettaglio, aveva dichiarato che la dipendente era “idonea con limitazioni”, dovendo “evitare carichi lombari maggiori/uguali a 7 kg”, nonché che la stessa non poteva “essere in contatto con i residenti del villaggio”, in considerazione del rifiuto dalla stessa opposto al vaccino contro il Covid-19.

Parte datoriale, ciò posto, le aveva comunicato la sospensione del lavoro e dalla retribuzione, atteso anche che nell’organigramma non risultavano altre posizioni lavorative confacenti alla professionalità della donna e che, quindi, non sussisteva la possibilità di un diverso reimpiego.

Inidoneità alle mansioni? Doveroso provvedimento di sospensione

Secondo il giudice capitolino, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, il provvedimento assunto dal datore non era consistito in un provvedimento disciplinare per il rifiuto a sottoporsi a vaccinazione quanto, piuttosto, un “doveroso provvedimento di sospensione” adottato in considerazione della parziale inidoneità alle mansioni, inidoneità in presenza della quale il datore di lavoro ha l’obbligo di sospendere in via momentanea il dipendente dalle mansioni ai sensi dell’art. 2087 c.c.

Sul punto, il Tribunale ha richiamato alcune argomentazioni espresse in una recente pronuncia di merito, segnatamente l’ordinanza cautelare del Tribunale di Modena, datata 19 maggio 2021.

In questa decisione, è stato fatto riferimento al disposto di cui all’art. 20 del D. Lgs. n. 81/2008, dalla cui lettura si evince che il prestatore di lavoro, nello svolgimento della prestazione lavorativa, è tenuto non solo a mettere a disposizione le proprie energie lavorative ma anche a osservare precisi doveri di cura e sicurezza per la tutela dell’integrità psico-fisica propria e di tutti i soggetti terzi con cui entra in contatto.

Il prestatore di lavoro – si legge nella decisione del Tribunale di Modena – “è quindi titolare di precisi obblighi di sicurezza e, pertanto, deve essere considerato soggetto responsabile a livello giuridico dei propri contegni”.

Prestazioni interdette dal medico: niente retribuzione

Se, poi, come nella specie, le prestazioni lavorative sono vietate dalle prescrizioni del medico competente, con conseguente legittimità del rifiuto datoriale di riceverle, il datore non è tenuto al pagamento della retribuzione.

Riprendendo l’ordinanza del Tribunale di Modena, per finire, è stato evidenziato che anche la protezione e la salvaguardia della salute dell’utenza rientrano nell’oggetto della prestazione lavorativa esigibile.

Tutela della salute che, nell’ambito dell’emergenza epidemiologica in corso, non può che attuarsi anche mediante la sottoposizione al trattamento sanitario del vaccino contro il virus Sars Cov-2.

Di conseguenza, un ingiustificato contegno astensivo alla vaccinazione rende la prestazione, ove non vi sia la possibilità di ricollocare il dipendente altrove, inutile ed irricevibile da parte del datore di lavoro, in quanto “inidonea al soddisfacimento dell’interesse creditorio e alla realizzazione del sinallagma, così come obiettivizzatosi nel regolamento contrattuale”.

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