Le operazioni di dividend washing senza giustificazione economica sono elusive

Pubblicato il 10 giugno 2010 La Ctr abruzzese è la titolare di un’inchiesta che spazia in un arco temporale compreso tra il 1999 e il 2003 e che ha per oggetto triangolazioni di pacchetti azionari messe in atto da banche, con lo scopo di beneficiare di crediti d’imposta sui dividendi di società quotati alla Borsa di Milano, sfruttando le convenzioni sulla doppia imposizione con Gran Bretagna e Francia.

Nello specifico, in prossimità dello stacco dei dividendi, molti titoli azionari, che appartenevano a soggetti che non avevano il diritto al credito d’imposta, venivano trasferiti in conti francesi ed inglesi. Una volta staccata la cedola, i titoli tornavano al loro legittimo proprietario, ma nel frattempo la banca aveva acquisito il diritto per chiedere il rimborso.

Tramite queste pratiche di dividend washing, prive di giustificazioni commerciali, l’Amministrazione finanziaria ha accumulato un debito nei confronti dei contribuenti “formalmente” inglesi e francesi, di oltre 4 miliardi di euro.

L’azione della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo ha evidenziato come moltissime delle suddette pratiche messe in atto tra la fine degli anni novanta e i primi anni del 2000 – dal 2004 la riforma Iers ha cambiato le regole – hanno creato un sistema di “rimborsi facili” a discapito dell’Erario italiano. Dopo le indagini avviate dal Fisco, è scattata anche l’inchiesta penale, che ha permesso alla Procura di Pescara di sequestrare in via cautelare ingenti somme alla Lehman Brothers, Goldman Sachs e JP Morgan. Le citate banche, ad oggi, hanno rinunciato a crediti non spettanti per svariati milioni di euro, con la conseguenza che anche per l’80% delle somme dei singoli contribuenti vi è stata la rinuncia alla richiesta.
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