Legge di bilancio 2018 Emendamenti su Web tax e Ape social

Pubblicato il 11 novembre 2017

Gli emendamenti alla Legge di bilancio 2018, in esame al Senato, delineano le modifiche che si intendono attuare al testo: si va dalla proroga del bonus bebè all'istituzione di un fondo ad hoc per risarcire obbligazionisti ed azionisti delle banche venete, dalla tassa sul fumo per finanziare i farmaci oncologici fino alla tanto discussa web tax.

Web tax in forma stabile

E' stato presentato un emendamento per far sì che la web tax diventi stabile.

La proposta del presidente della Commissione Industria, Massimo Mucchetti, sulla web tax si articola in due differenti strade: da una parte, prevede una stretta sui criteri di stabile organizzazione e, dall'altra, introduce un'imposta forfettaria del 6% dei ricavi sulle transazioni digitali.

Obiettivo è quello di far sì che i soggetti, oggi non residenti, che scelgano di realizzare una stabile organizzazione in Italia, vedano tassata, come avviene normalmente per tutte le società, la base imponibile dichiarata e verificata dall'Agenzia delle Entrate.

In particolare, l'emendamento prevede (in attesa che l'Ue si esprima con una posizione chiara e univoca sulla materia) una tassazione del 6% dei ricavi per la cessione di servizi “pienamente dematerializzati” da parte di soggetti non residenti a soggetti residenti in Italia.

Sulla proposta emergono però alcuni dubbi. L'invito è quello di fare molta attenzione per evitare che la nuova tassa non colpisca anche le imprese italiane già in regola, ma solo ed esclusivamente le multinazionali del web che finora sono sfuggite al Fisco.

Ape sociale prorogata

Riguardo la cosiddetta “Ape social” la proposta presentata è quella che vuole la proroga al 2019, “superando le imperfezioni che hanno portato ai numerosi respingimenti delle domande”.

Per eliminare alcune “imperfezioni” della pensione anticipata, infatti, è stato proposto di prorogare anche al 2019 l’Ape sociale e di estenderla a chi, avendo maturato almeno 30 anni di contribuzione, si trova in stato di disoccupazione senza indennità da almeno 3 mesi, a seguito di licenziamento, a prescindere dal tipo di rapporto di lavoro.

La modifica si rende necessaria anche per rendere meno rigido l’attuale criterio della disoccupazione, che ha visto bocciare l’80% delle domande tra i senza lavoro.

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