Legittimo vietare velo alla dipendente

Pubblicato il 01 giugno 2016

Il divieto posto ad una lavoratrice di fede musulmana di indossare il velo islamico sul luogo di lavoro, non costituisce una discriminazione diretta fondata sulla religione - ai sensi della Direttiva europea 2000/78/CE art. 2, par. 2 lett. a) – se tale divieto si fonda su una disposizione aziendale generale intesa a vietare sul posto di lavoro segni politici, filosofici e religiosi visibili e non poggia su stereotipi o pregiudizi nei confronti di una o più religioni o di convinzioni religiose in generale.

Politica aziendale di neutralità religiosa Giustifica divieto

Detto divieto può tuttalpiù costituire una discriminazione indiretta fondata sulla religione ai sensi della sopra menzionata Direttiva; discriminazione che può essere tuttavia giustificata dalla finalità di attuare una politica di neutralità religiosa ed ideologica perseguita dal datore di lavoro nella rispettiva azienda, sempreché sia rispettato il principio di proporzionalità (per cui occorre considerare la dimensione e vistosità del segno religioso ed il tipo di attività della lavoratrice).

E’ quanto emerge dalle conclusioni dell’Avvocato Generale della Corte di Giustizia europea, pronunciandosi sulla questione posta dalla Corte di Cassazione belga, scaturita dal licenziamento di una dipendente musulmana, la quale si era rifiutata – pur a fronte di apposite regole aziendali – di togliere il velo durante l’orario di lavoro.

Pregiudicata libertà colleghi/clienti e d’impresa

Qualora, infatti – secondo l’Avvocato generale nelle conclusioni depositate il 31 maggio 2016, causa C – 157/15 - i lavoratori o le lavoratrici indossino sul luogo di lavoro segni visibili delle loro convinzioni religiose (come per l’appunto il velo islamico), ciò può incidere essenzialmente su due profili.

Da un lato, vi possono essere implicazioni per le libertà dei loro colleghi e dei clienti dell’impresa. Dall'altro, lo stesso datore di lavoro può vedersi pregiudicato nella sua libertà di impresa.

Il datore può dunque optare per una politica di rigorosa neutralità ideologica – e dunque pretendere determinate condotte dai propri dipendenti – anche per evitare (soprattutto ove il lavoratore in questione stia a contatto con il pubblico) che la clientela possa avere l’impressione che la convinzione religiosa ostentata dal dipendente sia imputabile all'azienda. 

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