Le spese relative alle procedure di recupero del credito vantato dal difensore nominato d’ufficio per l’attività svolta nei confronti del proprio assistito non debbano rimanere a carico del professionista, ma rientrano nell’ambito dei costi che l’Erario è tenuto a rimborsare.
E' il principio di diritto richiamato dalla Corte di Cassazione, Seconda sezione civile, con ordinanza n. 14179 del 27 maggio 2025, nel chiarire un nodo interpretativo che aveva generato incertezza a livello di pronuncia di merito.
L’avvocato che assume la difesa d’ufficio ha diritto a un compenso determinato secondo le disposizioni del Testo Unico sulle spese di giustizia. Tuttavia, non sempre l’erario provvede tempestivamente al pagamento, costringendo il professionista ad avviare un procedimento per il recupero del credito.
Il punto critico riguarda la rimborsabilità delle spese legali e procedurali sostenute in tale fase: alcuni tribunali avevano escluso tale diritto, ritenendo che l’attività fosse esente da oneri.
Nel caso esaminato, il Tribunale di Milano aveva liquidato il compenso per l’attività professionale dell’avvocato nominato d’ufficio, rigettando però la richiesta di rimborso per le spese del recupero credito.
Il ricorrente ha impugnato l’ordinanza in Cassazione, deducendo la violazione degli artt. 82 e 116 del Testo Unico sulle spese di giustizia e degli artt. 91 e 92 c.p.c., relativamente alla compensazione delle spese processuali.
La Suprema Corte ha accolto il primo motivo di ricorso, affermando che le spese sostenute dal difensore d’ufficio per ottenere il pagamento del proprio compenso sono rimborsabili a carico dell’erario, in linea con il consolidato orientamento di legittimità.
Nella specie, il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che l'attività di recupero fosse sostanzialmente priva di spese vive per l'avvocato, in quanto completamente esente da bollo, imposte e spese e poiché egli è perfettamente legittimato a svolgerla in proprio, ponendosi in aperto contrasto con la giurisprudenza della Corte di cassazione.
La Cassazione ha invece rigettato il secondo motivo, ritenendo corretta la compensazione delle spese di lite, in quanto le domande erano articolate su più capi e il ricorrente era risultato soccombente su uno di essi.
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