Licenziamento confermato per il cassiere di banca che si allontana per un caffè

Pubblicato il 29 marzo 2013 Secondo la Sezione lavoro della Corte di cassazione – sentenza n. 7819 del 28 marzo 2013 – nell’accertare l’esistenza di una giusta causa di licenziamento di un cassiere di banca “affidatario di somme anche rilevanti”, occorre fare riferimento sia all'interesse patrimoniale della datrice di lavoro sia, pure indirettamente, alla potenziale lesione dell'interesse pubblico alla sana e prudente gestione del credito. Inoltre – continua la Corte – “il rigoroso rispetto delle regole di maneggio del denaro” non può essere sostituito da non meglio specificate regole di buon senso, in quanto “inidonee ad assicurare la conservazione del denaro della banca e dei clienti”.

Sulla scorta di questi rilievi la Suprema corte ha rigettato il ricorso presentato da un cassiere di banca contro la decisione con cui i giudici di merito avevano confermato il licenziamento disciplinare impartitogli da parte dell’istituto di credito a seguito, sostanzialmente, di due episodi: in un caso, l’uomo si era rifiutato di eseguire un'operazione richiesta da un cliente e prevista dal manuale portato a conoscenza di tutti i dipendenti; nell’altro, lo stesso aveva abbandonato la cassa dove operava, senza chiuderla, al fine di recarsi al bar per prendere un caffè, non curandosi, peraltro, della presenza di ben quindici clienti in fila.

Ed anche se nel testo della decisione di merito non era stato tenuto conto che, al momento dell'allontanamento del dipendente per la pausa caffè, operavano più casse, tale circostanza – precisa la Corte - non era da ritenere decisiva non escludendo, comunque, che “il venir meno di una cassa rallentava le operazioni delle altre sulle quali venivano dirottati i clienti in fila che comunque erano in numero cospicuo”.
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