Licenziamento per soste caffè non autorizzate: illegittimo

Pubblicato il 18 agosto 2020

Rigettato, dalla Cassazione, il ricorso promosso da una società contro la declaratoria di illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato ad un proprio dipendente.

La massima sanzione espulsiva era stata comminata sulla base di due addebiti che i giudici di merito avevano ritenuto non provati, ed ossia l’appropriazione di alcuni pallets di proprietà di una cliente della datrice di lavoro e l’effettuazione di soste non autorizzate per l’espletamento dell’attività del prestatore, autista di camion.

La Suprema corte, con ordinanza n. 17065 del 13 agosto 2020, ha ritenuto infondati entrambi i motivi di ricorso sollevati dalla società datrice di lavoro.

Appropriazione di bancali? Va dimostrata

In particolare, ha giudicato plausibili le conclusioni dei giudici di secondo grado sulla mancata dimostrazione dell'appropriazione dei pallets da parte del lavoratore in considerazione del presupposto della impossibilità di identificazione di tali pallet con i bancali rinvenuti sul camion aziendale condotto dal medesimo.

Non vi era, inoltre - secondo i giudici di legittimità - alcuna assoluta illogicità e contraddittorietà nel mancato ricorso da parte della Corte di merito al ragionamento presuntivo.

Soste senza danno per il datore? Addebito di lieve entità

Anche per quel che concerne il secondo illecito contestato, la Cassazione ha confermato le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, secondo la quale andava esclusa la sussistenza della giusta causa di licenziamento in ragione della lieve entità dell’addebito.

I giudici di gravame, in proposito, avevano ulteriormente evidenziato che non risultavano provate le gravi conseguenze lamentate dalla società datrice di lavoro a seguito delle soste indicate nella lettera di licenziamento, soste che il lavoratore aveva giustificato con l’esigenza di andare a prendere un caffè.

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