L’ingiunzione è equiparata alla cartella esattoriale: consente l’iscrizione di ipoteca

Pubblicato il 13 gennaio 2010 Con una serie di decreti dei Tribunali di Ravenna, Roma e Catania, emanati nel mese di novembre 2009, i giudici si contrappongono alla tesi dell’agenzia del Territorio (circolare n. 4/2008), che aveva imposto ai propri uffici locali di rifiutare l’iscrizione di ipoteca nei casi in cui il titolo esecutivo fosse rappresentato dall’ingiunzione di pagamento. Inoltre, il Territorio aveva precisato che alla procedura di riscossione non fossero applicate le agevolazioni tributarie previste per le operazioni ipotecarie richieste dagli agenti della riscossione. L’inadempimento del debitore, infatti, non dà diritto ai Comuni e ai concessionari di iscrivere ipoteca, anche se all’ingiunzione viene riconosciuta la natura di atto che “cumula in sé le caratteristiche di forma e di efficacia di titolo esecutivo e di precetto”. La giurisprudenza recente, però, si è opposta a questa presa di posizione. Anche la Cassazione (ordinanza 1692/2008) ha riconosciuto che l’ingiunzione è un atto complesso, rivolto a portare la pretesa fiscale a conoscenza del debitore e a formare il titolo per l’eventuale esecuzione forzata. Secondo i giudici, la riscossione coattiva è stata equiparata dalla legge n. 265/2002 a quella esattoriale. Pertanto - secondo quanto emerge dai recenti decreti sopra citati – è possibile iscrivere ipoteche sugli immobili del debitore, senza riserve, anche quando l’istanza è presentata da Comuni o concessionari delle entrate locali, in seguito al mancato pagamento delle somme richieste con la notifica dell’ingiunzione fiscale. Ciò si rende possibile grazie ad un’identità di funzione tra ingiunzione e cartella esattoriale.
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