Liti correntista-banca: chiusura del conto con interessi

Pubblicato il 04 dicembre 2018

Pronuncia della Cassazione sul riparto dell'onere probatorio nelle cause di ripetizione dell'indebito azionate dal correntista e sugli interessi attivi dovuti dalla Banca.

Il correntista che agisce in giudizio contro la Banca per la ripetizione dell'indebito è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida "causa debendi".

Lo stesso, ossia, ha l'onere di documentare l'andamento del rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme non dovute.

Tuttavia, qualora egli limiti l'adempimento del proprio onere probatorio soltanto ad alcuni aspetti temporali dell'intero andamento del rapporto, versando la documentazione del rapporto in modo lacunoso e incompleto, il giudice - valutate le condizioni delle parti e le loro allegazioni - può integrare la prova carente, sulla base delle deduzioni in fatto svolte dalla parte, anche con altri mezzi di cognizione disposti d'ufficio, in particolare con la consulenza contabile, utilizzando, per la ricostruzione dei rapporti di dare e avere, il saldo risultante dal primo estratto conto, in ordine di tempo, disponibile e acquisito agli atti.

E’ così legittimo che, nel caso in cui il correntista ottemperi parzialmente a detto onere, il giudice di merito, sulla base del proprio prudente apprezzamento, faccia ricorso ad una consulenza tecnica d'ufficio, compiuta attraverso la ricostruzione dell'andamento del rapporto e condotta attraverso ragionevoli e fondate ipotesi matematiche, in relazione alle quali non possono darsi, in sede di legittimità, diverse valutazioni di merito.

Lo ha ribadito la Corte di cassazione con ordinanza n. 31187 del 3 dicembre 2018.

Cassazione: interessi attivi a prescindere dalla domanda

Nella medesima decisione, i giudici di Pizza Cavour hanno respinto una specifica doglianza sollevata dall’Istituto di credito rispetto agli interessi riconosciuti al correntista.

Nella specie, la Corte d'appello aveva condannato la Banca a pagare gli interessi attivi (diversi dagli interessi sul credito finale risultante dal saldo), che pure il CTU aveva calcolato sui saldi risultati a credito del correntista, senza che l'attore avesse mai svolto alcuna domanda relativa ai medesimi.

Motivo ritenuto infondato dalla Prima sezione civile della Cassazione sulla base di un principio di diritto già affermato in sede di legittimità, secondo cui gli interessi attivi sono una conseguenza naturale della chiusura del rapporto di conto corrente.

Il giudice, in definitiva, in considerazione del fatto che il correntista abbia domandato in giudizio il saldo sulla base dell'estratto di chiusura, secondo le regole del dare ed avere, non può escludere, per ciò solo, la richiesta del calcolo anche degli interessi attivi, naturalmente ove spettanti.

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