L’Iva in trasferta cerca soluzioni

Pubblicato il 16 marzo 2009

Il chiarimento fornito dall’agenzia delle Entrate con la circolare n. 6/E/2009 sul trattamento delle spese alberghiere e di ristorazione, verte principalmente su alcune richieste largamente espresse in dottrina che riguardano la rinuncia alla detrazione dell’Iva sulle prestazioni di vitto e alloggio, con la conseguente impossibilità di dedurre l’imposta dal reddito d’impresa o professionale a titolo di costo. Anche se questa possibilità non era in teoria ammissibile, in pratica essa era stata più volte accettata, anche in virtù della mancanza di un percorso argomentativo in materia. Lo stop a dedurre a titolo di costo l’Iva sulle prestazioni alberghiere di ristorazione per le quali non si esercita la detrazione produce, per imprese e professionisti, inevitabili riflessi sul piano operativo. Il diniego si basa sul principio che l’Iva detraibile non può costituire un costo ai fini della determinazione del reddito. In tal senso, dunque, tutte le volte che si ha a che fare con un modesto ammontare della spesa, potrebbe risultare più conveniente non effettuare la detrazione piuttosto che mettere in moto le procedure amministrativo-contabili connesse all’esercizio del diritto, sopportandone i relativi oneri di gestione. In questi casi, secondo le Entrate, la mancata richiesta della fattura non può avere riflessi ai fini della determinazione del reddito, in quanto l’indetraibilità dell’Imposta non deriverebbe da cause oggettive ma da una scelta discrezionale del contribuente.

Il superamento in Senato della Comunitaria 2008 ha aperto la strada, in tema d’Imposta sul valore aggiunto, a una nuova definizione di “valore normale”. Questa versione – se confermata dall’esame della Camera – comporterà per le imprese e i professionisti un cambiamento di abitudini ormai consolidate. Il nuovo concetto di valore normale ha mantenuto il proprio fondamento attorno al principio di “condizione di libera concorrenza” dello scambio (prezzo di mercato), ma ha perso ogni riferimento ai listini di vendita e alle mercuriali o tariffe professionali. Per cui, se non è noto il valore corrente e non risultano accertabili cessioni di beni o prestazioni di servizi analoghi, per valore normale si intende il prezzo di acquisto o il prezzo di costo di beni simili oppure, per le prestazioni di servizi, le spese di esecuzione delle stesse.

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