Lo sconto su convenzione del datore di lavoro non rileva ai fini fiscali

Pubblicato il 29 settembre 2020

L'Agenzia delle Entrate conferma la soluzione proposta dalla società istante sulla irrilevanza, nella determinazione del reddito da lavoro dipendente, della scontistica praticata in favore dei propri dipendenti in virtù di un'apposita convenzione con una società terza.

Il quesito, posto in ragione dell'art. 51, comma 3, TUIR, secondo cui "Ai fini della determinazione in denaro dei valori di cui al comma 1, compresi quelli dei beni ceduti e dei servizi prestati al coniuge del dipendente o familiari (...) o il diritto di ottenerli da terzi, si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell'art. 9", tende ad evidenziare il nesso tipico che lega il reddito da lavoro dipendente con tutto ciò che lo stesso riceve, anche da soggetti terzi in accordo o convenzione con l'impresa, in relazione al rapporto di lavoro.

In tal senso, rilevato che il valore normale è rinvenibile nel prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, anche tenuto conto dei c.d. sconti d'uso, così come precisato dalla precedente Risoluzione n. 26/E/2020 dell'Amministrazione Finanziaria, il predetto valore dovrà essere costituito dal prezzo scontato applicato. Già nella precedente Circolare 15 giugno 2016, n. 28/E, in relazione al regime fiscale del welfare aziendale, l'Agenzia aveva precisato che il valore indicato nel voucher deve corrispondere al valore del bene/servizio offerto che deve essere determinato sulla base del valore normale, costituito anche dal prezzo scontato praticato dal fornitore sulla base di apposite convenzioni stipulate dal datore di lavoro.

Pertanto, nei termini rappresentati dall'istante, la fattispecie non genererà materia fiscalmente imponibile in quanto il valore normale dei beni acquistati dai dipendenti è pari a quanto corrisposto da questi ultimi.

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