Aidc: meccanismi transfrontalieri, l’obbligo può portare benefici

Pubblicato il 06 febbraio 2020

“L'attuazione della direttiva 2018/822/Ue può imporre lo stesso obbligo ai vari soggetti, più o meno improvvisati, che intervengono nella consulenza”.

Andrea Ferrari, Presidente Aidc, è intervenuto a mezzo stampa sul tema sollevato da una parte della categoria – ad esempio dalle associazioni sindacali Anc e Adc (comunicato stampa del 31 gennaio 2020) - riguardo l’onere della notifica per i meccanismi transfrontalieri.

Il messaggio sulla prossima adozione di misure, che sarebbero volte ad attribuire ai commercialisti un obbligo di delazione verso l’Amministrazione finanziaria in danno ai propri clienti, secondo il numero uno dell’Aidc è assolutamente fuorviante.

Al centro, l’obbligo derivante dalla direttiva 2018/822/Ue dell’Unione europea in materia di “scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale relativamente ai meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica”, di cui il Consiglio dei Ministri ha approvato, in esame preliminare, l’apposito decreto attuativo.

Si sancisce l’onere a carico degli intermediari – espressamente definiti come qualunque persona che elabori, commercializzi, organizzi o metta a disposizione a fini di attuazione o gestisca l’attuazione di un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica – di segnalare ogni volta che si ponga in essere un “meccanismo transfrontaliero”, che interessa più Stati membri o uno Stato membro e un Paese terzo, laddove siano soddisfatte talune condizioni.

Ebbene, dice il presidente Aidc, da sempre i professionisti italiani chiedono chiarezza e omogeneità della norma e cessazione della concorrenza fiscale e lo scambio di informazioni si inserisce in questo contesto, obbligando al monitoraggio delle operazioni transfrontaliere, quale misura dell’efficacia della concorrenza fiscale transnazionale.

Inoltre, Ferrari spiega che l’obbligo può portare benefici, “dal momento che il rispetto delle norme e dell’integrità sono elementi ontologici dei dottori commercialisti, ben venga una norma che spazza (nelle intenzioni) quanti di questi elementi fanno spregio. La direttiva, dunque, se ben applicata in Italia introduce severamente un ulteriore obbligo di comunicazione a carico della categoria ma, a ben guardare, impone il medesimo obbligo a carico di chi si pone come suggeritore o realizzatore di operazioni transfrontaliere, improvvisando una professionalità non supportata da un percorso formativo universitario, tirocinio obbligatorio, assicurazione, formazione continua e, in sintesi, da tutti quegli obblighi che distinguono un professionista serio da un improvvisatore”.

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