Niente danni per chi sceglie di fumare nonostante la notoria nocività

Pubblicato il 11 maggio 2018

La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso promosso dagli eredi di un fumatore contro il mancato accoglimento della domanda di risarcimento dagli stessi avanzata nei confronti del ministero della Salute e della società produttrice di sigarette.

Il loro congiunto, che aveva cominciato, fin da giovane, a fumare anche due pacchetti di sigarette al giorno, era deceduto dopo aver contratto, a causa di questa abitudine, un carcinoma al lobo inferiore del polmone sinistro.

Era lo stesso ad aver, inizialmente, instaurato il giudizio civile in esame, chiedendo, tra le altre domande, che venisse accertato e dichiarato che le sigarette prodotte dalla società convenuta contenevano sostanze nocive all'organismo tali da procurare, nel tempo, assuefazione e, in conseguenza di ciò, che fosse accertato e dichiarato che egli non aveva mai prestato un libero consenso allorquando aveva acquistato le sigarette, essendo stato lo stesso viziato e carpito dai convenuti con raggiri e dolo.

Inoltre, aveva chiesto che fosse accertato il nesso di causalità tra il carcinoma e il fumo costante di sigarette e che, pertanto, i convenuti venissero condannati al risarcimento del danno subito.

Decisioni di merito: libera scelta di fumare, manca il nesso causale

Sia in primo che in secondo grado era stata esclusa la sussistenza del nesso causale, necessaria ai fini del riconoscimento della responsabilità risarcitoria tanto ex articolo 2043 quanto ex articolo 2050 del Codice civile.

Questo, in applicazione del principio della “causa prossima di rilievo” riscontrata, nel caso esaminato, nel fatto che la vittima aveva posto in essere un atto di volizione libero, consapevole ed autonomo di soggetto dotato di capacità di agire, quale, appunto, la scelta di fumare nonostante la notoria nocività del fumo, a maggior ragione in una fattispecie come quella di specie, caratterizzata da abuso.

Il comportamento del fumatore, quindi, era stato ritenuto da solo sufficiente alla determinazione dell'evento e ciò alla luce delle regole generali in tema di nesso causale.

Dannosità del fumo come fatto notorio

Per i giudicanti nel merito, infatti, la dannosità del fumo costituiva, da lunghissimo tempo, dato di comune esperienza e fatto socialmente notorio.

I ricorrenti avevano denunciato dette conclusioni, lamentando una non corretta applicazione dell'articolo 2050 in connessione con l'articolo 2043 c.c., ovvero i principi in tema di responsabilità aquiliana per l'esercizio di attività pericolosa (la produzione e commercializzazione di prodotti da fumo).

Motivi, questi, ritenuti infondati dalla Cassazione.

In ordine all'accertamento della responsabilità civile, la Terza sezione  – sentenza n. 11272 del 10 maggio 2018 – ha ricordato che il primo presupposto da verificare è l'esistenza del nesso eziologico tra quello che si assume essere il comportamento potenzialmente dannoso ed il danno che si assume esserne derivato.

Così, una volta verificato (come nella specie) che il nesso non sussiste non ha più rilevanza né l'accertamento di un'eventuale colpa, né l'accertamento di una eventuale responsabilità cosiddetta speciale.

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