No al principio di automaticità delle prestazioni per i co.co.co.

Pubblicato il 04 maggio 2021

Il principio di automaticità delle prestazioni di cui all’art. 2116, Codice Civile, non può essere esteso anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

L’assunto viene ripreso dalla sentenza della Corte di Cassazione 30 aprile 2021, n. 11430, a seguito di ricorso proposto dall’Istituto previdenziale avverso la sentenza del giudice d’appello che aveva riconosciuto al collaboratore iscritto alla Gestione separata ex art.2, comma 26, Legge 8 agosto 1995, n. 335, il diritto alla percezione, ancorché in assenza di versamenti effettuati dalla committente, da parte dell’INPS dell’indennità di fine rapporto prevista dall’art. 19, D.L. 185/2008, per i collaboratori in regime di c.d. monocommittenza, in applicazione del richiamato art. 2116, Codice Civile.

Secondo la ricostruzione degli Ermellini – nel sottolineare che nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, il lavoratore è affatto estraneo al rapporto contributivo ai sensi dell’art. 2115, comma 2, Cod. Civ., e dell’art. 19, comma 1, Legge n. 218/1952, tant’è che il lavoratore non può agire nei confronti dell’ente previdenziale per la restituzione di contributi ovvero che la stessa rivalsa prevista dalla legge ed operata dal datore di lavoro non costituisce adempimento pro quota dell’obbligazione contributiva verso l’ente previdenziale – la disciplina dettata dall’art. 2, comma 26 e ss., Legge 8 agosto 1995, n. 335, dedicata ai lavoratori autonomi titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, e la relativa ripartizione dell’onere previdenziale in misura di un terzo a carico dell’iscritto e di due terzi a carico del committente prevista dal Decreto Ministeriale n. 281/1996, costituiscono una mera delegazione legale di pagamento, sicché non può realizzarsi il venir meno dell’obbligazione contributiva in capo al collaboratore stesso. In tal senso, dunque, la trattenuta della quota parte della contribuzione sul prospetto paga configura una semplificazione della modalità di riscossione del contributo balzando evidente la non applicazione dell’art. 2116, comma 1, Codice Civile.

Altresì, atteso che il comma 29, del sopracitato art. 2, prevede l’accreditamento dei contributi soltanto qualora gli iscritti abbiano versato un contributo annuale pari al minimale di reddito deve intendersi esclusa, al pari di quanto avviene per i lavoratori autonomi, qualsivoglia analogica estensione dell’art. 2116, comma 1, anche ai soggetti titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

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