Non è reato l’omesso versamento Iva se non privilegiati altri creditori

Pubblicato il 10 settembre 2014 Non può essere considerata legittima la condanna e, dunque, non può essere perseguito penalmente l’imprenditore accusato di omesso versamento Iva, se il fatto è imputabile alla grave situazione di crisi di liquidità attraversata dall’azienda e se è evidente la volontà dell’imprenditore di non voler privilegiare altri creditori al posto dell’Erario.

Lo specifica la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 37301 del 9 settembre 2014, con la quale è stata annullata con rinvio la condanna inflitta ad un imprenditore per il reato di omesso versamento IVA, ex art. 10 ter DLgs. n. 74/2000.

La crisi di liquidità giustifica l’inadempimento

L’accusa di dolo generico integrato dalla consapevole scelta dell'imprenditore di omettere i versamenti dovuti è stata smontata dai Supremi giudici, che hanno ritenuto la motivazione di merito assolutamente insufficiente, avendo attribuito rilievo determinante al solo fatto che l’imprenditore aveva omesso il versamento dell’Imposta senza tener conto dell’assoluta difficoltà di reperire le risorse finanziarie necessarie e senza considerare il fatto che lo stesso aveva cercato di ripianare i debiti contratti sia attraverso altre società, sia col proprio patrimonio, finché non era rimasto insoluto il solo debito Iva.

Conclude, dunque, la Corte che il giudice di merito avrebbe dovuto motivare le ragioni per le quali riteneva non plausibile il tentativo dell’imprenditore di pagare tutti i debiti verso l'Erario e considerarlo non riuscito seppure dipeso da una “dedotta impossibilità oggettiva”, quale la grave crisi di liquidità determinata da circostanze eccezionali e non preventivabili, ma soprattutto a lui non imputabili.

Nuovo giudizio

Per tali ragioni, si ritiene opportuno un nuovo giudizio dal momento che il mancato adempimento in assenza della volontà di favorire altri creditori è da considerare una giustificazione rilevante.
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