Non è sempre diffamazione definire un giudice “toga rossa”

Pubblicato il 28 gennaio 2015 Definire un magistrato “toga rossaall’interno di un’opera libraria, non costituisce necessariamente diffamazione.

E’ quanto sostenuto dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 1435 depositata il 27 gennaio 2015, con cui è stato rigettato il ricorso presentato da un magistrato.

In particolare, quest’ultimo chiedeva condannarsi in solido per diffamazione, l’autore e la casa editrice di un libro, all’interno del quale si vedeva appunto apostrofato come “toga rossa”.

In proposito la Cassazione - facendo proprie le deduzioni della Corte d’Appello - ha osservato come la frase di cui si doleva il ricorrente, non assumesse, in relazione al contesto complessivo dell’opera, alcuna valenza denigratoria, ma piuttosto elogiativa.

Ha inoltre sostenuto la Cassazione che il riferimento, nella medesima opera, alla circostanza che le “toghe rosse” fossero particolarmente sgradite al Presidente del Consiglio al momento in carica ed ai suoi giornali, non integrasse, allo stesso modo, gli estremi della diffamazione, stante il carattere del tutto soggettivo del giudizio di “sgradevolezza”.
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