Le attività finanziarie e gli investimenti detenuti all’estero, se gestiti o amministrati da intermediari italiani, non devono essere riportati nel quadro RW, a condizione che il contribuente abbia aderito al regime del risparmio amministrato o gestito.
Questo aspetto è stato specificato, seppur in modo accessorio, nella risposta all’interpello n. 75/2025 dell’Agenzia delle Entrate, che analizza gli obblighi fiscali a carico sia dell’intermediario sia del cliente.
L’istituto bancario lussemburghese dichiara di voler offrire in Italia, attraverso la propria stabile organizzazione (per la quale ha già richiesto l’autorizzazione necessaria), specifici servizi di investimento riguardanti le attività finanziarie detenute da clienti italiani, principalmente persone fisiche, su conti esteri presso la casa madre.
Attraverso i quesiti presentati, la banca ha richiesto conferma sulla possibilità che la stabile organizzazione possa agire in qualità di sostituto d’imposta e assolvere agli obblighi fiscali connessi alle attività finanziarie dei clienti italiani detenute su conti esteri, nel momento in cui fornirà loro servizi di investimento, tra cui consulenza con raccolta ordini (RTO) e gestione patrimoniale individuale (GPI).
Nel modello operativo delineato, è previsto che i contratti per i servizi di investimento vengano stipulati tra la stabile organizzazione e il cliente. Invece, la custodia delle attività finanziarie all’interno del Conto Titoli (presso la Casa Madre) deriva da un accordo di deposito e gestione delle stesse, instaurato tra il cliente e la Casa Madre.
L’Amministrazione finanziaria conferma che la stabile organizzazione, designata per svolgere la funzione di responsabile fiscale e sostituto d’imposta, ha la possibilità di accettare l’adesione al regime di tassazione del risparmio amministrato o gestito, in conformità agli articoli 6 e 7 del Decreto Legislativo 461/1997, anche nel caso in cui gli strumenti finanziari siano conservati presso l’istituto bancario principale situato all’estero.
L’applicazione del regime fiscale in questione è affidata a banche, società di investimento mobiliare e altri intermediari finanziari, individuati dai decreti ministeriali del 22 maggio 1998 e del 25 giugno 2002, che stabiliscono le categorie di soggetti autorizzati.
Tra questi si includono tra gli intermediari abilitati anche le stabili organizzazioni in Italia di banche o imprese di investimento estere, consentendo loro di applicare l’imposta sostitutiva sulle plusvalenze finanziarie.
Per esercitare l’opzione, il contribuente deve instaurare un rapporto continuativo con l’intermediario, che non può limitarsi a una prestazione occasionale, ma deve basarsi su un mandato stabile o su un accordo di deposito, custodia o amministrazione degli strumenti finanziari.
Nella risposta n. 75 del 14 marzo 2025, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che il regime del risparmio amministrato è applicabile anche a un accordo continuativo di gestione patrimoniale individuale (GPI) stipulato con la stabile organizzazione, attraverso il quale il cliente delega la gestione degli asset detenuti presso la casa madre.
Il contratto di GPI proposto dall’ente richiedente risulta compatibile con l’applicazione del regime del risparmio gestito a condizione che l’intero insieme di strumenti finanziari presenti nel conto titoli rientri nella gestione del portafoglio.
Viene inoltre specificato che la stabile organizzazione può ottenere lo status di ente gestore, come definito nel Decreto Ministeriale del 24 maggio 2012, e farsi carico degli obblighi connessi all’applicazione dell’imposta di bollo sui prodotti finanziari.
Infatti, ai fini dell’imposta di bollo, rientrano anche gli strumenti finanziari posseduti all’estero, purché siano vincolati da un contratto di amministrazione con una società fiduciaria italiana o gestiti, custoditi o amministrati da intermediari residenti.
NOTA BENE: Per tali strumenti finanziari, non si applica dunque l’IVAFE (imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero).
Ancora, si evince che i clienti non sono tenuti a compilare il quadro RW nella dichiarazione dei redditi ai fini del monitoraggio fiscale, poiché tutti i redditi generati saranno tassati direttamente dalla stabile organizzazione.
Tuttavia, l’obbligo di monitoraggio fiscale rimane in capo ai contribuenti che aderiscono al regime dichiarativo, come previsto dall’articolo 5 del Decreto Legislativo 461/1997. Inoltre, non è necessario predisporre un conto specifico dedicato alla gestione dei flussi finanziari da parte della stabile organizzazione, dato che essa e la casa madre sono considerate un’unica entità dal punto di vista soggettivo.
Per quanto riguarda il monitoraggio dei movimenti finanziari da e verso l’estero, il primo comma dell’articolo 1 del decreto-legge n. 167 del 1990 stabilisce che gli intermediari bancari e finanziari sono obbligati a comunicare all’Agenzia delle Entrate le informazioni relative ai trasferimenti di fondi internazionali, inclusi quelli effettuati tramite movimentazione di conti.
L’obbligo di segnalazione riguarda i mezzi di pagamento specificati nell’articolo 1, comma 2, lettera s) del Dlgs 231/2007, e si estende anche alle operazioni in cripto-attività.
La soglia di rilevanza è fissata a 5.000 euro e si applica esclusivamente alle transazioni effettuate per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali, società semplici e associazioni equiparate.
Obblighi di comunicazione della stabile organizzazione
Pertanto, nella situazione in esame, la stabile organizzazione sarà responsabile della trasmissione delle comunicazioni richieste dalla normativa per tutti i trasferimenti significativi di fondi connessi ai conti esteri dei propri clienti. Tale obbligo sussiste a prescindere dal fatto che alcuni di questi movimenti possano già essere segnalati da altri intermediari italiani soggetti agli stessi adempimenti.
Per quanto riguarda l’obbligo di invio delle comunicazioni all’Anagrafe Tributaria, nota come Archivio dei Rapporti Finanziari, è necessario segnalare i rapporti di gestione patrimoniale per i clienti che usufruiscono dei servizi di GPI, nonché i conti esteri aperti dai clienti presso la casa madre.
Tuttavia, non è richiesta la segnalazione del mandato di amministrazione relativo ai conti esteri né delle operazioni di ricezione e trasmissione ordini (RTO) effettuate dalla branch, poiché queste attività sono considerate complementari alla gestione dei conti detenuti all’estero.
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