L’Agenzia delle Entrate con risposta n. 46 del 25 febbraio 2025, afferma che in caso di beni sequestrati, l’amministratore giudiziario agisce come rappresentante di un soggetto non specificato, occupandosi della gestione dei beni per conto di una persona non ancora definita. È necessario che utilizzi il codice fiscale del proprietario dei beni, senza richiedere un nuovo codice fiscale a nome della gestione giudiziaria.
Le delucidazioni diffuse dall’Agenzia sono state sollecitate da un custode giudiziario, al fine di comprendere gli obblighi fiscali corretti legati ai redditi provenienti dai canoni di affitto di un bene sottoposto a sequestro preventivo (secondo l'articolo 321 del codice di procedura penale).
In dettaglio, dopo l'emanazione del decreto di sequestro preventivo, il contratto di comodato gratuito con la società Gamma è stato annullato e il bene è stato affittato dal custode giudiziario alla società Zeta mediante un contratto privato relativo a beni produttivi.
L’Agenzia delle Entrate, fornendo la risposta n. 46 del 25 febbraio 2025, sottolinea che l'articolo 51, comma 1, del Decreto Legislativo n. 159/2011, noto come Codice delle leggi antimafia, prevede che i redditi provenienti da beni sequestrati siano ancora soggetti a imposizione fiscale secondo le categorie di reddito definite dall'articolo 6 del DPR 917/1986, seguendo le stesse modalità adottate precedentemente al sequestro, ma con le particolarità introdotte dal comma 3-bis, in caso di misure preventive riguardanti i cosiddetti beni immobili patrimonio.
Nel caso in cui il sequestro persista oltre l'anno fiscale di inizio, il reddito generato dai beni sequestrati per la parte restante di quell'anno e per ogni periodo intermedio successivo è calcolato in modo provvisorio dall'amministratore giudiziario.
Quest'ultimo è obbligato a effettuare, nei tempi regolari, il pagamento delle imposte correlate, nonché a soddisfare gli obblighi di dichiarazione e, se applicabili, le responsabilità contabili e quelle imposte al sostituto d'imposta secondo quanto stabilito dal DPR 600/1973.
Attraverso diversi documenti di prassi, da ultimo la risoluzione n. 45/E del 2 settembre 2024, sono stati erogati chiarimenti sui doveri fiscali incombenti sull'amministratore giudiziario per quanto riguarda i beni soggetti a "sequestro antimafia".
Le disposizioni della risoluzione del 29 ottobre 2020, n. 70/E, precisano che, durante il sequestro, l'amministratore giudiziario deve:
La mancata osservanza di questi adempimenti può comportare sanzioni.
NOTA BENE: Durante il sequestro, l'amministratore giudiziario funge da rappresentante incertam personam, gestendo il patrimonio a nome di una persona non ancora determinata. Di conseguenza, deve usare il codice fiscale del proprietario dei beni, senza dover richiedere un nuovo codice fiscale specifico per la procedura.
Alla luce della situazione sopra delineata e in ottemperanza all'articolo 51 del Codice delle leggi antimafia, che stabilisce che i redditi derivanti dai beni sequestrati siano soggetti a imposizione fiscale seguendo le categorie di reddito definite dall'articolo 6 del TUIR nelle stesse modalità pre-sequestro (esclusi i beni immobili "patrimonio"), si applicano al caso specifico le normative sul reddito d'impresa.
Di seguito, vengono illustrati gli obblighi fiscali che gravano sul custode giudiziario durante il sequestro.
In primo luogo non è condivisibile la scelta di acquisire un nuovo codice fiscale attribuito alla Custodia giudiziaria.
In secondo luogo, il custode giudiziario in pendenza di sequestro deve:
Per quanto concerne l'IVA, il custode giudiziario è tenuto a:
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