Omesso ricorso in cassazione Avvocato responsabile

Pubblicato il 24 marzo 2017

L’avvocato che abbia ricevuto dai clienti il mandato per tutti i gradi di giudizio, non è esente da responsabilità professionale, qualora abbia omesso di proporre ricorso in Cassazione – adducendo di non aver ricevuto procura speciale - e da ciò sia dipeso un esito della causa meno favorevole per gli assistiti.

E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione,terza sezione civile, accogliendo il ricorso dei clienti di un avvocato, che avevano agito per la responsabilità professionale di quest’ultimo, il quale, avendo omesso di impugnare la pronuncia in Cassazione – nonostante il mandato ricevuto – li aveva privati della possibilità di accedere ad un trattamento pensionistico migliore.

Tenuto conto degli artt. 1218, 1176 comma 2, 2230 e 2236 c.c., nonché della distinzione tra contratto di patrocinio e procura alle liti – precisano gli ermellini - spetta ai clienti dover provare di aver affidato all’avvocato l’incarico di assistenza professionale relativa ad un determinato affare ed il mandato di agire in giudizio, per conseguire il risultato avuto di mira (nel caso de quo, il più alto trattamento pensionistico richiesto all’Inps). Ma raggiunta questa prova, spetta poi all’avvocato dimostrare l’avvenuto adempimento del mandato con la diligenza e la perizia richieste dalla natura dell’attività e, precisamente, provare di aver adempiuto agli obblighi di informazione, sollecitazione e cura dell’attività giudiziale, nascenti dal contratto di patrocinio (ovvero di non avervi potuto adempiere per fatto a sé non imputabile o per cessazione del rapporto contrattuale).

Mancato rilascio procura speciale Non conta se c’è il mandato

Avuto riguardo a tali criteri di distribuzione dell’onere della prova, nel caso di specie non avrebbe potuto essere attribuito alcun rilievo (come invece hanno fatto i giudici territoriali) al mancato rilascio della procura speciale per proporre ricorso in Cassazione. Il dato sarebbe stato significativo soltanto ove il professionista avesse dimostrato di aver informato i clienti sulla soccombenza nel giudizio di appello; di aver loro esposto i vantaggi ed i rischi eventualmente derivanti dall’istaurazione del giudizio di legittimità; di aver preventivamente richiesto il rilascio della procura speciale necessaria allo scopo e di non aver avuto riscontro o di aver ricevuto rifiuto.

Invece la sentenza impugnata nulla dice in merito a quanto accaduto tra i clienti e l’avvocato dopo la pubblicazione della sentenza d’appello, pur avendo i giudici dato atto che vi fosse la prova del mandato ad agire in tutti i gradi di giudizio e pur essendo incontestato che l’appello si concluse con esito sfavorevole ai clienti.

In conclusione – prosegue la Corte Suprema con sentenza n. 7410 del 23 marzo 2017 – va dunque affermato il principio di diritto secondo cui, qualora il cliente abbia fornito la prova della conclusione del contratto di patrocinio, non è necessario il conferimento di ulteriore mandato per agire in sede di legittimità, della cui prova sia gravato il cliente medesimo. La sola circostanza che questi non abbia rilasciato procura speciale richiesta allo scopo, non esclude la responsabilità del professionista per mancata tempestiva proposizione del ricorso, gravando sull’avvocato l’onere di provare di aver sollecitato il cliente a fornire indicazioni circa la propria intenzione di proporre o meno ricorso per cassazione avverso la sentenza sfavorevole di secondo grado e di averlo informato di questo esito, nonché delle conseguenze dell’omessa impugnazione

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