Opposizione allo stato passivo. Documenti probatori non vanno riprodotti

Pubblicato il 19 maggio 2017

Nel ricorso di opposizione allo stato passivo, l’opponente non ha l’onere di produrre nuovamente i documenti che provano il credito, ma può limitarsi ad indicarli. Il giudice, difatti, non può non tener conto dei documenti allegati al fascicolo di parte nella fase tempestiva, solo perché non siano stati riprodotti in fase di opposizione.

Sulla base di detto assunto, la Corte di Cassazione, prima sezione civile, ha accolto il ricorso di un Comune, cui era stata rigettata l’opposizione allo stato passivo di una società fallita, verso cui vantava dei crediti. E ciò in quanto i giudici territoriali avevano ritenuto inutilizzabili i documenti allegati al fascicolo di parte nella fase tempestiva e non riprodotti in sede di opposizione, pur avendo l’Ente richiedente – nel ricorso in opposizione - domandato l’acquisizione del fascicolo di parte formato a seguito della presentazione della domanda di ammissione al passivo.

Avverso la decisione, il Comune presentava dunque ricorso in Cassazione, sollevando, in particolare, la questione interpretativa circa l’art. 99 Legge fallimentare, nella parte in cui prevede che il ricorso in opposizione debba contenere “a pena di decadenza, l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti” (art. 99, comma 2, n. 4). Ci si chiede, nello specifico, se tale norma imponga o meno al creditore opponente, l’onere di depositare i documenti già prodotti nella fase di ammissione al passivo innanzi al giudice delegato, e dunque contenuti nel fascicolo di parte.

Principio di non dispersione delle prove

La Corte Suprema fornisce in proposito una risposta ancorata al principio di non dispersione delle prove, per cui il Tribunale, in sede di opposizione, è tenuto ad acquisire i documenti prodotti dalla parte nella fase tempestiva - seppur non riprodotti nuovamente nella fase di opposizione – in quanto tali documenti, una volta allegati all'originaria istanza di ammissione al passivo, rimangono nella sfera di cognizione dell’ufficio giudiziario inteso nel suo complesso.

Documenti depositati via Pec, acquisiti definitivamente al fascicolo telematico

E tale interpretazione appare a maggior ragione coerente, se si considerino le novità apportate dal D.l. n. 179/2012 (convertito in Legge n. 221/2012, nel testo sostituito dalla Legge n. 228/2012) al sistema di deposito delle domande di ammissione al passivo ed alla conseguente formazione del fascicolo d’ufficio. Infatti, la locuzione “documenti prodotti” dal creditore, a cui fa riferimento il cit. art. 99 comma 2, n. 4 Legge fall., deve ora intendersi attribuita ai documenti trasmessi via Pec al curatore. Per cui – conclude la Corte con sentenza n. 12548 del 18 maggio 2017 – una volta che detti documenti probatori siano depositati dal creditore nel suddetto modo, si intendono definitivamente acquisiti all'unico fascicolo telematico della procedura, e dunque, nella sfera cognitiva del giudice dell’impugnazione, alla sola condizione che ciò sia specificamente indicato nel ricorso in opposizione.

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