L’omessa fissazione da parte del GIP dell’udienza camerale e l’omessa motivazione in ordine all’inammissibilità dell’opposizione proposta dalla parte offesa avverso la richiesta di archiviazione del PM costituiscono violazione sostanziale del diritto della persona offesa al contraddittorio, deducibile come motivo di ricorso per cassazione.
E’ quanto concluso dalla Corte di cassazione, Sesta sezione penale, nel testo della sentenza n. 24030 del 24 agosto 2020, pronunciata in annullamento, senza rinvio, di un decreto di archiviazione emesso dal GIP del Tribunale di Roma.
Il provvedimento, nella specie, era stato emanato con riferimento ad un procedimento penale per abuso d’ufficio, sul rilievo della mancanza di pertinenza e rilevanza delle investigazioni suppletive richieste dalla parte offesa in ordine al reato per il quale si procedeva.
La Suprema corte, accogliendo le doglianze prospettate dalla difesa di quest’ultima parte, ha ricordato come, in presenza di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero, il Giudice per le indagini preliminari, prima di provvedere, ha l’obbligo di instaurare il contraddittorio e fissare udienza camerale ex art. 127 c.p.p.
A tale procedimento – hanno ricordato i giudici di Piazza Cavour – il GIP può derogare, pronunciando decreto di archiviazione de plano, solo se l’opposizione sia inammissibile e, pertanto, tamquam non esset e, perché possa provvedere in tal senso, il giudice è tenuto comunque a verificare e motivare il difetto di ammissibilità dell’opposizione.
Nella vicenda in esame, tuttavia, la motivazione con la quale il GIP aveva dichiarato l’inammissibilità – ossia l’inutilità delle richieste suppletive di indagine – era del tutto carente in quanto ometteva ogni considerazione su una parte rilevante delle richieste istruttorie specificamente sollecitate e poste a fondamento dell’opposizione, rispetto alle quali non erano state in alcun modo spiegate le ragioni della ritenuta superfluità.
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