Pm sanzionato se ritarda le indagini

Pubblicato il 13 giugno 2017

Le Sezioni unite penali di Cassazione hanno confermato la sanzione disciplinare della censura applicata dal Csm ad un magistrato in servizio presso la Procura della Repubblica, in quanto ritenuta responsabile per avere tardato nell'espletare le indagini concernenti un procedimento penale a lui assegnato e che era stato originato da una denuncia per falsa testimonianza.

Il ritardo, nella specie, aveva provocato la prescrizione dei reati contestati, con ravvisato danno ingiusto a carico del denunciante e indebito vantaggio per gli imputati.

Quado si configura l’illecito disciplinare

Sul punto, le Sezioni unite – sentenza n. 10793 depositata il 4 maggio 2017 - hanno ricordato come, ai fini dell'integrazione dell'illecito contestato di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a) del Decreto Legislativo n. 109/2006, è necessario che la condotta non si esaurisca nella violazione dei doveri di cui all’articolo 1 del Decreto medesimo, ma che arrechi anche un ingiusto danno o un indebito vantaggio ad una delle parti.

Nella specie, è stato riconosciuto che la sentenza impugnata aveva, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, affermato che il danno ingiusto per la parte civile era derivato dal non avere potuto ottenere il risarcimento in sede penale, vedendosi costretta ad intraprendere il percorso dell'azione in sede civile.

Inoltre, l'indebito vantaggio per gli imputati era consistito nel proscioglimento per intervenuta prescrizione.

Basta la colpa

Per quel che riguarda l’elemento soggettivo, i giudici di legittimità hanno sottolineato che, ai sensi del richiamato decreto, è sufficiente che si configuri la mera colpa, in quanto è innegabile che un magistrato “ben possa prevedere le conseguenze dannose (per la parte civile) della prescrizione del reato intervenuta ancor prima che si pervenga ad una pronuncia di primo grado”.

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