Precisazioni di Cassazione sull'assegno di divorzio

Pubblicato il 15 luglio 2013 Con la sentenza n. 16597 depositata il 3 luglio 2013, la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso avanzato da un uomo contro la decisione con cui i giudici di merito, nell'ambito di un procedimento per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, aveva posto a suo carico l'obbligo di corrispondere alla ex moglie un assegno divorzile.

La Corte di legittimità pur ritenendo di non dover accogliere il ricorso, ha comunque provveduto, ai dell'articolo 284, ultimo comma, del Codice di procedura civile, alla correzione della motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui aveva subordinato il riconoscimento dell'assegno all'accertamento dello stato di bisogno della ex coniuge e ad un giudizio di prevalenza dello stesso rispetto alla colpa dell'interessata.

Nel testo della sentenza viene sottolineato come il presupposto per il riconoscimento dell'assegno sia l'inadeguatezza dei mezzi a disposizione del richiedente e l'impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive; tale inadeguatezza – precisa la Suprema corte - dev'essere intesa non già come “stato di bisogno”, ovverosia come mancanza di mezzi di sostentamento, bensì come “insufficienza delle sostanze e dei redditi” di cui il richiedente dispone ad assicurargli la conservazione di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del rapporto.

In definitiva, l'esigenza che l'indisponibilità di mezzi economici adeguati sia ricollegabile a ragioni obiettive non giustificava il bilanciamento che, nella specie, era stato compiuto dai giudici di merito, tra lo stato di bisogno e la colpa della richiedente; non occorreva, ossia, ai fini dell'attribuzione dell'assegno, un'indagine in ordine all'imputabilità delle circostanze che avevano condotto il coniuge istante al presente stato di ristrettezza economica, ma solo “una valutazione in ordine alla sua attuale capacità di procurarsi ulteriori risorse, al fine di stabilire se l'inadeguatezza dei mezzi di cui dispone sia dovuta ad una sua colpevole inerzia”.
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