Processo tributario senza raddoppio del contributo unificato

Pubblicato il 06 febbraio 2018

La Consulta ha ritenuto inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 13, comma 1- quater, del Testo unico in materia di spese di giustizia (DPR n. 115/2002), promosse dalla CTR di Catanzaro con riferimento all’articolo 111, secondo comma, della Costituzione, per violazione del principio della parità delle parti.

Questioni di incostituzionalità sollevate

Le questioni erano state sollevate nell’ambito di un giudizio di impugnazione avviato dall’Agenzia delle Entrate contro una sentenza della CTP, impugnata, in via incidentale, anche dal contribuente.

Secondo la Commissione rimettente, poiché entrambe le impugnazioni, sia quella principale che quella incidentale, erano infondate, avrebbe dovuto rilevarsi la sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico di tutte e due le parti processuali.

Tuttavia, nel caso esaminato, detta ultima pronuncia avrebbe potuto riguardare solamente l’appellante incidentale e non anche quello principale, in quanto l’amministrazione dello Stato è esonerata, in quanto tale, dal pagamento del contributo unificato mediante la prenotazione a debito.

Una limitazione del genere – era stato rilevato dalla CTR - violerebbe il principio di cui all’articolo 111 citato, in quanto “il raddoppio del contributo unificato in caso di reiezione dell’impugnazione, mirando a scoraggiare quelle dilatorie e pretestuose, dovrebbe poter colpire indifferentemente tutte le parti, anche nel processo tributario, in cui una di esse è pubblica”.

Consulta: sbagliata la premessa interpretativa

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 18 del 2 febbraio 2018, ha tuttavia ritenuto inammissibili le relative questioni di legittimità, sottolineando come le medesime si basavano sulla premessa interpretativa secondo cui la norma censurata avrebbe trovato applicazione nel processo tributario d’appello.

Niente raddoppio nel contenzioso tributario

Tuttavia – viene evidenziato nella decisione – questa premessa non troverebbe riscontro in un “diritto vivente” consolidatosi in tal senso, in quanto, da un lato, presso le Commissioni tributarie regionali “non si rinviene un orientamento univoco” e, dall’altro, la Corte di cassazione non risulta essersi ancora pronunciata al riguardo.

Inoltre, la CTR non aveva tenuto conto della lettura interpretativa che afferma l’insuscettibilità dell’applicazione estensiva o analogica al processo tributario del raddoppio del contributo unificato nonché del tenore letterale della disposizione censurata, che circoscrive la sua operatività, attraverso specifico rinvio, al processo civile.

Il rimettente, in definitiva, aveva censurato la disposizione di specie muovendo dalla citata premessa interpretativa “senza chiarire le ragioni che dovrebbero giustificarla e renderla prevalente rispetto all’opzione ermeneutica precedentemente richiamata”.

Per tale motivo, la Consulta ha rilevato un difetto di motivazione sulla rilevanza, tale da rendere le questioni di legittimità costituzionale inammissibili.

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