La Corte di cassazione si è pronunciata in materia di recesso della banca dal contratto di apertura di credito in presenza di una giusta causa tipizzata dalle parti del rapporto contrattuale, precisando come il giudice non deve limitarsi a riscontrare obiettivamente la sussistenza o meno dell’ipotesi tipica di giusta causa.
Difatti, alla stregua del principio per cui il contratto deve essere eseguito secondo buona fede, occorre anche accertare che il recesso non sia esercitato con modalità impreviste ed arbitrarie.
Conseguentemente, va cassata, con rinvio, la sentenza di merito che ritenga sussistente la giusta causa qualora non consideri che il correntista non abbia mai superato il limite dell’affidamento concesso dall’istituto di credito, tenendo pertanto un comportamento corretto e rispettoso dell’accordo negoziale, e non disponga una consulenza tecnica d’ufficio sulla sufficienza del patrimonio residuo all’esito degli atti di disposizione compiuti dal debitore principale e dai fideiussori, finendo dunque per affermare, senza alcuna effettiva motivazione, l’esistenza in atti della prova dell’insufficienza del patrimonio dei debitori.
E’ quanto si legge nel testo della sentenza n. 17291 depositata il 24 agosto 2016.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".