Recesso illegittimo senza la prova della soppressione del posto di lavoro

Pubblicato il 04 aprile 2022

Confermata, dalla Cassazione, la declaratoria di illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo che un'azienda aveva intimato a un proprio dipendente, con conseguente condanna alla reintegra del lavoratore nel posto di lavoro, al risarcimento del danno e al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.  

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo, legittimità

La Corte d'appello, in sede di rinvio, era stata chiamata a verificare se il licenziamento individuale in oggetto fosse giustificato ai sensi dell'art. 3 della Legge n. 604/1966 dalla soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto al quale era addetto il lavoratore e se tale soppressione fosse riferibile sul piano causale a progetti o scelte datoriali.

In tale contesto, è stato rilevato che la società datrice di lavoro si era limitata ad allegare l'esistenza di una grave crisi aziendale e la connessa necessità di rimodulare l'organizzazione del lavoro, evidenziando che tale scelta era stata condivisa con le organizzazioni sindacali con le quali si era stabilito un programma di progressiva riduzione del personale che privilegiava, ai fini del licenziamento, i lavoratori che potevano godere del trattamento pensionistico.

Tuttavia, non era stato allegato alcun elemento concernente la soppressione del posto di lavoro del lavoratore opponente.

Il raggiungimento dell'età pensionabile non giustifica il recesso

Rispetto a quest'ultimo, le circostanze dedotte dalla società e, in particolare, la prossimità al pensionamento, sono state ritenute non idonee a giustificarne il licenziamento.

In difetto di prova di una diversa causa di risoluzione del rapporto, ne conseguiva la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, non ostandovi, come detto, il raggiungimento da parte di questi dell'età pensionabile, con condanna della società datrice al risarcimento del danno costituito dalle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento fino alla reintegra.

Con ordinanza n. 10459 del 31 marzo 2022, la Sezione lavoro della Cassazione ha ritenuto che l'accertamento effettuato dalla Corte di rinvio fosse contenuto nel perimetro delineato dalla sentenza rescindente, risultando coerente con l'indagine demandata, che implicava la verifica della effettività del mutamento organizzativo e della connessa soppressione del posto di lavoro occupato dal dipendente, quale conseguenza delle circostanze indicate dalla datrice di lavoro a giustificazione dell'intimato licenziamento.

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