Regime impatriati e incentivi per docenti e ricercatori: si sommano?

Pubblicato il 29 gennaio 2025

L’Agenzia delle Entrate fornisce spiegazioni di rilievo riguardo alla possibilità di beneficiare simultaneamente del nuovo regime favorevole per i lavoratori impatriati, previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo del 27 dicembre 2023, n. 209, e degli incentivi per il rientro di ricercatori dall'estero, di cui all'articolo 44 del decreto legge del 31 maggio 2010, n. 78.

Fattispecie prospettata

Il caso che ha portato alla risposta n. 16 del 28 gennaio 2025 riguarda un soggetto che tra il 2016 e il 2022 ha insegnato con un contratto a tempo indeterminato in un'università in Spagna, rassegnando le dimissioni il 1° agosto 2024, per accettare una posizione come professore associato in un'università italiana, dove è entrato in servizio il 1° settembre 2024.

Sta anche per registrarsi all'Anagrafe della Popolazione Residente in Italia, essendo stato iscritto all'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero dal 7 settembre 2018, e stabilirà la sua residenza fiscale in Italia a partire dal periodo d'imposta 2025.

Ha inoltre intenzione di aprire una Partita IVA per lavorare autonomamente come medico dentista e prevede di vivere in Italia per almeno quattro anni da quando acquisisce la residenza fiscale, lavorando prevalentemente in Italia per la maggior parte del periodo d'imposta.

Si chiede se sia possibile fruire contemporaneamente dei due regimi agevolativi:

Occorre analizzare i due regimi di favore menzionati.

Regime impatriati

L'articolo 5 del decreto legislativo del 27 dicembre 2023, n. 209, che attua la riforma relativa alla fiscalità internazionale e che è entrato in vigore il 29 dicembre 2023, ha istituito il nuovo regime agevolativo per i lavoratori impatriati.

Questo regime è destinato ai contribuenti che spostano la loro residenza fiscale in Italia secondo le disposizioni dell'articolo 2 del TUIR, modificato a sua volta dall'articolo 1 del suddetto decreto legislativo n. 209 del 2023. Tale regime è applicabile a partire dal periodo d'imposta 2024.

Il nuovo regime rimpiazza il precedente per lavoratori impatriati che era in vigore fino al 29 dicembre 2023, regolamentato dall'articolo 16 del decreto legislativo del 14 settembre 2015, n. 147, e successivamente modificato dall'articolo 5 del decreto legge del 30 aprile 2019, n. 34 (noto come decreto Crescita).

Nonostante l'introduzione del nuovo regime, le norme del regime precedente restano valide per coloro che hanno spostato la loro residenza "anagrafica" in Italia fino al 31 dicembre 2023.

Nello specifico, Il primo comma dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 209 del 2023 stabilisce che i redditi da lavoro dipendente, i redditi equiparabili a quelli di lavoro dipendente, e i redditi da lavoro autonomo, derivanti dall'attività di arti e professioni realizzate in Italia da lavoratori che trasferiscono la loro residenza fiscale in Italia conformemente all'articolo 2 del TUIR, contribuiscono alla formazione del reddito complessivo solo per il 50% del loro valore fino a un massimo di 600.000 euro all'anno, a condizione che:

a) i lavoratori si impegnino a mantenere la residenza fiscale in Italia per un periodo equivalente a quello specificato nel terzo comma, secondo periodo;

b) i lavoratori non siano stati residenti fiscali in Italia nei tre periodi d'imposta precedenti il loro trasferimento. Inoltre, se il lavoratore svolge attività lavorativa in Italia per lo stesso ente per cui ha lavorato all'estero prima del trasferimento o per un ente dello stesso gruppo, il periodo minimo di residenza all'estero deve essere di:

  1. sei periodi d'imposta, se il lavoratore non ha precedentemente lavorato in Italia per lo stesso ente o un ente dello stesso gruppo;
  2. sette periodi d'imposta, se il lavoratore era impiegato in Italia per lo stesso ente o un ente del gruppo prima del suo trasferimento all'estero; c) la maggior parte dell'attività lavorativa deve essere svolta in Italia durante il periodo d'imposta; d) i lavoratori devono possedere qualifiche o specializzazioni elevate come definite dai decreti legislativi 28 giugno 2012, n. 108 e 9 novembre 2007, n. 206.

Il nuovo regime di cui al Dlgs 209/2023 diventa applicabile dall'anno fiscale in cui il lavoratore trasferisce la propria residenza fiscale in Italia e per i successivi quattro anni fiscali. Tuttavia, se il lavoratore non mantiene la residenza fiscale in Italia per almeno quattro anni, perderà i benefici ricevuti, e sarà necessario recuperare i vantaggi già ottenuti, applicando gli interessi corrispondenti.

La quota prevista dal primo comma si riduce al 40% nei casi seguenti:

a) il lavoratore si trasferisce in Italia insieme a un figlio minorenne;

b) in caso di nascita o adozione di un minore durante il periodo di validità del "nuovo regime". In questa situazione, il vantaggio si applica dall'anno fiscale in corso al momento della nascita o dell'adozione e per il resto del periodo in cui l'agevolazione è disponibile.

Questa ulteriore agevolazione è valida a condizione che, durante il periodo in cui il lavoratore fruisce del nuovo regime, il figlio minorenne o il minore adottato risieda in Italia.

In relazione ai periodi d'imposta precedenti a quello di entrata in vigore del decreto, i cittadini italiani si considerano residenti all'estero se sono stati iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) ovvero hanno avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

Per gli individui che spostano la loro residenza anagrafica nel 2024, il nuovo regime impatriati viene esteso per tre ulteriori anni fiscali se il contribuente acquista, entro il 31 dicembre 2023 e nei dodici mesi che precedono il trasferimento, un immobile residenziale destinato a diventare la propria abitazione principale in Italia. In questa situazione, i redditi che possono beneficiare dell'agevolazione nei tre anni fiscali successivi contribuiranno alla formazione del reddito complessivo solo per il 50% del loro valore.

Incentivi per rientro in Italia di ricercatori esteri

Invece, è l'articolo 44 del decreto legge del 31 maggio 2010, n. 78, che regola gli incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero. Questo si applica a docenti e ricercatori che vivono all'estero e che trasferiscono la loro residenza fiscale in Italia per intraprendere attività di ricerca o insegnamento nel paese.

Specificatamente, ai fini fiscali, il 90 per cento dei guadagni ricevuti da docenti e ricercatori che:

è escluso dalla formazione del loro reddito di lavoro dipendente o autonomo.

L'agevolazione fiscale è prevista:

- nell'anno fiscale in cui il docente o ricercatore trasloca la propria residenza fiscale in Italia e per i successivi sette anni fiscali, a condizione che si mantenga la residenza fiscale in Italia. Questo si applica nel caso di docenti o ricercatori che abbiano un figlio minorenne o a carico, inclusi casi di affido preadottivo, e per coloro che acquistano almeno una proprietà residenziale in Italia dopo il trasferimento o nei dodici mesi che lo precedono. La proprietà può essere acquistata dal docente o ricercatore, dal coniuge, dal partner convivente o dai figli, anche in comproprietà;

- per i docenti e ricercatori che hanno almeno due figli minorenni o a carico, anche in affido preadottivo, nell'anno fiscale in cui diventano residenti in Italia e per i successivi dieci anni fiscali, purché si mantenga la residenza fiscale in Italia;

- per i docenti o ricercatori con almeno tre figli minorenni o a carico, anche in affido preadottivo, dall'anno fiscale di acquisizione della residenza in Italia e per i dodici anni fiscali successivi, sempre che la residenza fiscale rimanga in Italia.

Compatibilità tra i due regimi

In merito ai due regimi agevolativi – articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (ora abrogato) e incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero – sono stati resi chiarimenti con le circolari n. 17/E del 23 maggio 2017, n. 33/E del 28 dicembre 2020 e n. 17/E del 25 maggio 2022.

Specificamente, la circolare n. 17/E/2017, facendo riferimento all'articolo 2, comma 1, del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 26 maggio 2016, chiarisce che:

Dunque, una persona che si trasferisce in Italia e stabilisce qui la sua residenza fiscale non può beneficiare contemporaneamente del regime per i lavoratori rientrati e di quello per docenti e ricercatori, nel caso svolga attività di insegnamento.

Di conseguenza, il possesso simultaneo dei requisiti per accedere a entrambe le agevolazioni consente all'individuo di scegliere l'opzione che preferisce e di mantenerla per la durata stabilita per ciascun regime.

Ma, attenzione: la normativa concernente i nuovi impatriati non è più disciplinata dall'articolo 16 del D.lgs. 147/2015 (che è stato abrogato), bensì dall'articolo 5 del D.lgs. 209/2023; pertanto, sembra che anche il DM del 26 maggio 2016, che ne definiva l'applicazione, sia diventato obsoleto.

Pertanto, come indica la interessante risposta n. 16/2025, in mancanza di disposizioni normative specifiche che impediscano l'applicazione simultanea di più regimi favorevoli, il nuovo regime per gli impatriati è considerato compatibile con altri regimi vantaggiosi destinati ai lavoratori che spostano la loro residenza fiscale in Italia.

L'Agenzia delle Entrate sostiene che i vari regimi agevolati possono essere utilizzati contemporaneamente dallo stesso individuo per lo stesso periodo d'imposta, purché siano rispettati tutti i requisiti legali previsti.

Conclusioni

Partendo dall'assunto che la maggior parte dell’attività sia condotta in Italia durante il periodo fiscale e che l'individuo preveda di risiedere in Italia per almeno quattro anni dopo aver stabilito la residenza fiscale, l'Agenzia delle Entrate chiarisce che la persona, tornata in Italia dal 2025, può beneficiare, a partire dallo stesso anno:

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