Responsabilità professionale, risarcimento solo con errore determinante

Pubblicato il 15 febbraio 2021

La responsabilità del professionista non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell'attività professionale.

Per come più volte ricordato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità dell'avvocato, infatti, occorre verificare:

In difetto, non potrebbe dirsi provato il necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone.

E’ il principio ribadito dalla Suprema corte con ordinanza n. 3566 dell’11 febbraio 2021, pronunciata dalla Corte d’appello in un giudizio promosso dagli eredi del cliente di un legale, per far valere la responsabilità professionale di quest’ultimo, per asserita negligenza.

Nella decisione di secondo grado - confermata dalla Cassazione - era stato ricordato come il diritto al risarcimento del danno non insorga automaticamente quale conseguenza di qualsivoglia inadempimento del professionista, dovendosi piuttosto valutare, sulla base di un giudizio probabilistico, se, in assenza dell'errore commesso dall'avvocato, l'esito negativo per il cliente si sarebbe ugualmente prodotto.

Irregolare prestazione professionale? Prova del nesso causale tra condotta e danno

Sempre in tema di responsabilità professionale, la Cassazione, con ordinanza n. 3781 del 15 febbraio 2021, ha confermato la decisione con cui, in sede di merito, era stato escluso il risarcimento richiesto da un notaio nei confronti di due legali, per irregolare svolgimento della propria prestazione professionale relativa al recupero di un credito.

Nella specie, è stato ritenuto che il danneggiato non avesse fornito la prova del nesso causale tra la condotta ed il danno.

In applicazione dei principi sulla responsabilità civile del professionista, infatti, il cliente avrebbe dovuto dimostrare non solo di aver sofferto un danno, consistente nella diminuzione patrimoniale, ma anche che il medesimo fosse stato causato dall’insufficiente o inadeguata attività del professionista.

Il ricorrente, in base al principio del “più probabile che non”, avrebbe dovuto dimostrare che l’attività omessa, ove svolta, avrebbe concretamente impedito la produzione del danno.

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