Reversibilità e cumulo: no a tagli della pensione superiori ai redditi aggiuntivi

Pubblicato il 01 luglio 2022

Corte costituzionale: la pensione di reversibilità, nelle ipotesi di cumulo tra trattamento e redditi aggiuntivi del beneficiario, non può essere decurtata di un importo che superi l’ammontare complessivo dei redditi medesimi.

Cumulo trattamento reversivilità e redditi aggiuntivi: limite a decurtazione

Con sentenza n. 162 del 30 giugno 2022, la Consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il combinato disposto del terzo e quarto periodo dell’articolo 1, comma 41, della Legge n. 335/1995 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), e della connessa Tabella F, nella parte in cui, in caso di cumulo tra il trattamento pensionistico ai superstiti e i redditi aggiuntivi del beneficiario, non prevede che la decurtazione effettiva della pensione non possa essere operata in misura superiore alla concorrenza dei redditi stessi.

Rispetto a tale disposto, la Corte costituzionale ha accolto la questione di legittimità sollevata dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il Lazio, in riferimento all’art. 3 della Costituzione.

Questo, nell'ambito di un giudizio instaurato dalla titolare di un trattamento di reversibilità che, anche se aveva goduto del cumulo tra la pensione predetta e dei redditi aggiuntivi maturati per due annualità, si era vista applicare decurtazioni in misura superiore a detti redditi.

Consulta: diminuzione pensione legittima se non irragionevole

La sussistenza di altre fonti di reddito - hanno precisato i giudici costituzionali - ben può giustificare una diminuzione del trattamento pensionistico: il legislatore, in particolare, attraverso i limiti di cumulabilità tra pensione e reddito, tiene conto della diminuzione dello stato di bisogno del pensionato e, nell’esercizio della sua discrezionalità, procede con il bilanciamento dei diversi valori coinvolti, "modulando la concreta disciplina del cumulo, in necessaria armonia con i principi di eguaglianza e di ragionevolezza".

In ogni caso, però, la regolamentazione del cumulo tra la prestazione previdenziale e i redditi aggiuntivi del suo titolare, laddove comporti una diminuzione del trattamento pensionistico, deve muoversi entro i binari della non irragionevolezza.

La disciplina di cui al disposto in esame, invece, risulta non rispettosa dei predetti criteri, nella parte in cui consente, di fatto, all’istituto previdenziale di applicare tagli al trattamento di reversibilità in misura superiore ai redditi aggiuntivi goduti dal beneficiario nell’anno di riferimento.

Ciò che viene a determinarsi, così, è un'alterazione del rapporto che deve intercorrere tra la diminuzione del trattamento di pensione e l’ammontare del reddito personale goduto dal titolare, il quale si trova esposto a un sacrificio economico antitetico rispetto alla ratio solidaristica propria dell’istituto della reversibilità.

Per la Corte, in definitiva, per ricondurre a ragionevolezza le disposizioni censurate, è necessario introdurre un tetto alle decurtazioni del trattamento di reversibilità operate a causa del possesso di un reddito aggiuntivo: in presenza di altri redditi, quindi, la pensione di reversibilità può essere decurtata solo fino a concorrenza dei redditi stessi.

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