Revoca del mantenimento alla figlia trentacinquenne che non si attiva per lavorare

Pubblicato il 26 settembre 2017

L’obbligo del genitore separato o divorziato di concorrere al mantenimento del figlio, perdura finché il genitore interessato non dia prova che il figlio medesimo (nella specie, trentacinquenne) sia stato posto nelle concrete condizioni di poter essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta.

E’ quanto enunciato dalla Corte di Cassazione, sesta sezione civile, respingendo il ricorso di una donna, avverso il provvedimento che aveva disposto la revoca del contributo di mantenimento della figlia maggiorenne, a carico dell’ex marito. Il provvedimento, dunque confermato dalla Corte Suprema con ordinanza n. 22314 del 25 settembre 2017, dava atto di come fossero venute meno le relative condizioni per il mantenimento della ragazza che, ormai trentacinquenne, non si era nemmeno attivata per la ricerca di un lavoro al compimento del diciottesimo anno di età, non essendo affetta da patologie che ne riducessero la capacità lavorativa.

Respinta in proposito la censura della ricorrente, che si sofferma sulle ottime condizioni reddituali dell’ex marito, in quanto non coglie la ratio decidendi del provvedimento impugnato, che fa invece leva, ai fini dell’insussistenza delle condizioni per il mantenimento, sulla condotta personale tenuta dall’interessata al raggiungimento della maggiore età, e sul suo mancato impegno, pur essendo nelle condizioni, nella ricerca di un’occupazione lavorativa.

 

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