Riforma dell’assoluzione solo dopo rinnovazione dell’istruzione dibattimentale

Pubblicato il 25 maggio 2019

Alla Corte costituzionale sono state sottoposte alcune questioni di legittimità riguardanti l’articolo 603, comma 3-bis, del Codice di procedura penale, in tema di rinnovazione obbligatoria dell’istruzione dibattimentale nell’appello in pejus.

Si tratta della disposizione introdotta dall’articolo 1, comma 58, della Legge n. 103/2017, censurata, nella specie, nella parte in cui, per come interpretata dal diritto vivente, obbliga il giudice - nel caso di appello del Pm contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa - a disporre la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale anche in caso di giudizio di primo grado celebrato nelle forme del rito abbreviato, e pertanto definito in quella sede “allo stato degli atti”.

Corte costituzionale: questioni non fondate

Dopo aver operato una sintetica ricapitolazione del quadro normativo e giurisprudenziale di sfondo alle questioni medesime, la Consulta, con la sentenza n. 124 del 23 maggio 2019, ha concluso, in primo luogo, non rilevando alcun contrasto tra la disposizione censurata e il principio della ragionevole durata del processo, sottolineando come la prima si faccia, piuttosto, carico dell’obiettivo ultimo della correttezza della decisione.

Infondata è stata ritenuta, a seguire, anche la censura formulata con riferimento all’art. 111, secondo comma, Cost., sotto il distinto profilo del vulnus che la disposizione in esame arrecherebbe al principio della parità delle parti nel processo.

Per la Corte, la disposizione in esame non introdurrebbe, infatti, alcuno squilibrio tra i poteri processuali delle parti, configurando, anzi, un adempimento doveroso a carico del giudice, “sottratto al potere dispositivo delle parti, e da realizzare anche in assenza di richiesta delle parti medesime”.

Ed infine, la questione è stata giudicata priva di fondatezza anche con riferimento all’art. 117, primo comma, Cost. in relazione all’art. 20 della direttiva 2012/29/UE, che prescrive un numero di audizioni della vittima limitato al minimo.

Difatti, come ben emerge dal dato letterale della disposizione indicata, il divieto della rinnovazione superflua dell’audizione della vittima riguarda la sola fase delle “indagini penali”; inoltre, tale divieto farebbe comunque salvi i “diritti della difesa”, compreso il diritto al contraddittorio nella formazione della prova.

Tutte le questioni di legittimità costituzionale, in definitiva, sono state dichiarate “non fondate”.

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