Rottamazione. Rinuncia al giudizio con compensazione delle spese

Pubblicato il 03 maggio 2018

La Suprema Corte di cassazione, con sentenza numero 10198 del 27 aprile 2018, enuncia il seguente principio di diritto: “In tema di definizione agevolata ex art. 6 del d.l. n. 193 del 2016, conv. con modif. nella l. n. 225 del 2016, la rinuncia al giudizio da parte del contribuente ai sensi del comma 2 della menzionata disposizione costituisce un'eccezione alla previsione di cui all'art. 391, secondo comma, cod. civ., ed implica la necessaria compensazione delle spese di lite”.

Spiega la Corte che non è articolo 391 del codice di procedura civile – che prevede la possibilità che le spese siano a carico di chi rinuncia al giudizio - a regolare il caso di specie, poiché con la rottamazione l'Agenzia delle entrate o l'Avvocatura dello Stato non hanno espressamente accettato la rinuncia al ricorso: nella definizione agevolata il debitore indica la pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi cui si riferisce e assume l'impegno a rinunciare agli stessi.

Dunque non si applica la norma recata dall'articolo citato: “Il decreto o la sentenza che dichiara l'estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese... La condanna non è pronunciata, se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale”.

Nell'ambito della rottamazione, pertanto:

Il carico delle spese di lite si tradurrebbe in un aggravio di costi della definizione agevolata rispetto a quanto voluto dalla disposizione.

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