Sì alle notifiche, no ai ricorsi per l’avvocato che si cancella volontariamente dall’Albo

Pubblicato il 20 agosto 2012 Con la sentenza n. 10301/2012 della Terza sezione civile, la Corte di Cassazione analizza la questione relativa alla cancellazione volontaria di un professionista dall’Ordine, confrontandola con le altre ipotesi previste dalla legge (morte,radiazione e sospensione).

Per i Supremi giudici, gli effetti della rinuncia volontaria possono essere ricondotti al tenore dell’articolo 85 del Codice di procedura civile, “Revoca e rinuncia alla procura”, secondo cui la procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore.

Dunque, tale principio vale anche in caso di rinuncia volontaria da parte del difensore, che così sarà esonerato dall’aspetto attivo del suo incarico (atti da compiersi per iniziativa della parte rappresentata), ma non dalle incombenze strettamente attinenti l’aspetto passivo: la capacità di essere destinatario degli atti compiuti dalla controparte e dall’ufficio, dei quali sia prevista la ricezione.

L’avvocato, che si è cancellato volontariamente dall’Ordine, continua così a ricevere gli atti processuali compiuti dalla controparte e dall’ufficio, senza però conservare la capacità di presentare ricorsi in nome del cliente (ius postulandi). Infatti, qualora tali atti venissero compiuti risulterebbero nulli, in virtù dell’articolo 182 del Cpc.

Per la Corte, si applica il principio della perpetuatio dell’ufficio defensionale anche nel caso di cancellazione volontaria. Pertanto, si ritenersi che tutte le attività processuali che la controparte deve porre in essere nei confronti della parte avversa possa continuare a svolgerle nei confronti del difensore volontariamente cancellatosi dall’albo.
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