Scarna valutazione degli elementi presuntivi emersi. Giudizio da rifare

Pubblicato il 20 marzo 2013 La Sesta sezione civile di Cassazione, con ordinanza n. 6837 del 19 marzo 2013, ha accolto, con rinvio, le doglianze avanzate dall’Amministrazione finanziaria avverso la decisione con cui i giudici di merito avevano annullato un avviso di accertamento notificato a un contribuente ed emesso a seguito di PVC, nel quale erano state contestate indebite detrazioni, in relazione a operazioni ritenute inesistenti.

Nel testo della sentenza impugnata, in particolare, era stato fatto riferimento all’onere spettante all’Ufficio di addurre elementi significativi ed indizi idonei a confutare la veridicità oggettiva e soggettiva delle fatture; e nel caso di specie, era stato rilevato come gli indizi emersi non potevano considerarsi integrati dalla mancata registrazione delle fatture e dei pagamenti da parte della società fornitrice “laddove sono stati rinvenuti i beni oggetto della fatturazione de qua”.

Tesi, quest’ultima, a cui non ha aderito la Suprema corte di legittimità secondo la quale il giudice di merito, in realtà, non aveva tenuto conto delle inferenze logiche che potevano essere desunte dalle circostanze emerse; il giudice medesimo, infatti, si era solo limitato ad assumere come insussistenti gli elementi di prova indicati, senza tuttavia effettuare una analitica considerazione degli stessi, pervenendo ad un giudizio che la stessa Corte definisce “apodittico ed intimamente contraddittorio”.

Ed infatti, gli elementi che erano risultati dalle indagini espletate dalla Guardia di finanza, per come anche riepilogati nel PVC, non erano stati adeguatamente e specificamente considerati dal giudice di merito; elementi che, per contro,– sottolinea la Cassazione – costituivano senz’altro idonei indici sintomatici di una possibile decisione ingiusta, “in quanto capaci di generare una difettosa ricostruzione del fatto dedotto in giudizio”.
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