Sentenza d’appello non è titolo esecutivo

Pubblicato il 17 giugno 2016

La sentenza d’appello la quale, riformando quella di primo grado, faccia sorgere il diritto del cliente alla restituzione degli importi pagati al legale come compenso professionale, non costituisce titolo esecutivo se non contiene una espressa pattuizione in tal senso.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, accogliendo il ricorso di una società, condannata in primo grado a corrispondere un compenso all'avvocato che aveva svolto prestazioni in suo favore. La Corte d’appello aveva tuttavia capovolto il verdetto, questa volta dando ragione alla società, senza nulla prevedere – omissione per l’appunto censurata in Cassazione – in ordine alla domanda di restituzione di quanto corrisposto al legale in esecuzione della sentenza di primo grado.

Per titolo esecutivo Autonomo giudizio o gravame

Secondo la Corte Suprema, in particolare, il solvens – nella specie la società cliente – al fine di munirsi di titolo esecutivo per la restituzione di quanto corrisposto, può attivare un autonomo giudizio ovvero proporre la sua domanda in sede di gravame.

Depongono in tal senso sia evidenti ragioni di economia processuale, sia l’analogia con quanto stabilito negli artt. 96 comma 2 e 402 comma 1 c.p.c., rispettivamente, per le esecuzioni ingiuste e per la pronuncia revocatoria.

Ma depone altresì in tal senso il principio per cui, in caso di omessa pronuncia, da parte del giudice di primo grado, su una delle domande introdotte in causa, ove non ricorrano gli estremi di una reiezione implicita della domanda o di un suo assorbimento nella decisione di altro capo che da essa dipenda, la parte istante ha facoltà alternativa di far valere l’omissione in sede di gravame ovvero di azionare la pretesa in un separato processo. Con la precisazione che, ove il solvens si determini in quest’ultimo senso, non le sarà opponibile il giudicato derivante dalla mancata impugnazione della sentenza per omessa pronuncia, perché la rinuncia implicita alla domanda ex art. 346 c.p.c. ha valore processuale e non anche sostanziale.

Principio, questo – conclude la Corte con sentenza 12387 del 16 giugno 2016 – spendibile nella fattispecie, in ragione del fatto che il giudice d’appello, con riferimento alla domanda di restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado impugnata, opera come giudice di primo grado.

 

 

 

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