Il Parlamento ha concluso l’esame del Disegno di legge costituzionale che introduce la separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente.
Il Senato della Repubblica, infatti, ha approvato, il 30 ottobre 2025, in seconda votazione e con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, il provvedimento.
La Camera aveva già espresso il proprio voto favorevole, anch’essa in seconda deliberazione nella seduta del 18 settembre 2025.
Entro tre mesi dalla pubblicazione del testo nella Gazzetta Ufficiale, un quinto dei membri di una Camera, cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali potranno domandare che si proceda al referendum popolare, come previsto dall’articolo 138 della Costituzione.
Il provvedimento interviene in modo organico sull’ordinamento della magistratura, con l’obiettivo di assicurare una distinzione netta tra le funzioni giudicanti e requirenti e di rafforzare la terzietà del giudice.
La riforma mira a rendere più chiari i ruoli e le responsabilità all’interno della giurisdizione, in linea con i principi del giusto processo sanciti dall’articolo 111 della Costituzione e con gli standard europei di indipendenza giudiziaria.
Il disegno di legge costituzionale interviene sulla Parte II della Costituzione, modificando gli articoli relativi all’ordinamento della magistratura e al Consiglio Superiore della Magistratura (CSM).
Il provvedimento realizza una riforma strutturale del sistema giudiziario, delineando due ordini distinti — magistratura giudicante e magistratura requirente — dotati di autonomia organizzativa e gestionale propria.
Tra le principali innovazioni:
Le disposizioni transitorie prevedono un percorso graduale di adeguamento istituzionale e organizzativo, volto ad assicurare la continuità delle funzioni giudiziarie durante la fase di transizione.
Il Ministro della Giustizia Carlo Nordio ha accolto con soddisfazione l’approvazione definitiva della riforma, definendola «una vittoria dedicata alla democrazia».
Secondo il Guardasigilli, il provvedimento non è una sconfitta della magistratura ma l’attuazione coerente del codice accusatorio voluto da Vassalli, volta a rafforzare la terzietà del giudice e l’autonomia del pubblico ministero, a tutela dei cittadini e della fiducia nella giustizia.
Il dibattito sulla riforma ha diviso in modo netto avvocatura e magistratura.
Le principali organizzazioni forensi — Consiglio Nazionale Forense (Cnf), Unione delle Camere Penali Italiane (Ucpi), Organismo Congressuale Forense (Ocf) e Associazione Italiana Giovani Avvocati (Aiga) — si sono espresse a favore del “sì”.
Secondo le sigle dell'avvocatura, solo una separazione netta tra magistratura giudicante e requirente può garantire un giudice pienamente terzo, riducendo l’influenza delle correnti interne e rafforzando le garanzie di equilibrio processuale.
Sul fronte opposto, il Consiglio Superiore della Magistratura (Csm) e l’Associazione Nazionale Magistrati (Anm) hanno espresso forte preoccupazione.
Per il Csm, la separazione potrebbe indebolire l’indipendenza del pubblico ministero, richiedendo «presidi ulteriori» come la dipendenza funzionale della polizia giudiziaria dal pm e la tutela dell’obbligatorietà dell’azione penale
L’Anm teme che il nuovo assetto isoli il pubblico ministero, compromettendo la comune appartenenza alla giurisdizione e politicizzando il Csm attraverso il sorteggio dei membri togati.
Con l’approvazione definitiva del disegno di legge costituzionale, la parola passa ora ai cittadini.
Entro tre mesi dalla pubblicazione del testo nella Gazzetta Ufficiale - pubblicazione avvenuta il 30 ottobre 2025, con comunicato del Senato emesso in pari data - potrà infatti essere richiesto il referendum popolare confermativo, ai sensi dell’articolo 138 della Costituzione, da un quinto dei membri di una Camera, cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Il voto referendario determinerà l’effettiva entrata in vigore della riforma e segnerà una tappa decisiva nel processo di revisione costituzionale della giustizia italiana.
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