La circolare Inps n. 94 del 21 maggio 2025 affronta un tema di rilevante interesse per il comparto agricolo e zootecnico italiano: la gestione previdenziale legata all’utilizzo del contratto di soccida.
La direzione centrale Entrate dell’Istituto interviene infatti a chiarire importanti aspetti giuridico-previdenziali connessi a una prassi contrattuale diffusa nel settore, ma non priva di ambiguità interpretative.
Negli ultimi anni, l’impiego del contratto di soccida ha conosciuto una crescente diffusione, in particolare nell’ambito delle filiere zootecniche integrate e dei contratti quadro disciplinati dal decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102.
Tale forma contrattuale rappresenta un modello organizzativo consolidato per regolare i rapporti tra allevatori (soccidari) e imprese non agricole (soccidanti) operanti nella trasformazione e nella commercializzazione dei prodotti animali.
Tuttavia, proprio la varietà delle sue applicazioni pratiche ha sollevato una serie di problematiche, specialmente sotto il profilo contributivo e previdenziale, sfociate spesso in contenziosi tra imprese e Inps.
Vediamo di seguito quanto chiarito dall'Istituto.
La questione centrale riguarda la qualificazione dell’impresa soccidante ai fini dell’inquadramento previdenziale: è da considerarsi agricola o commerciale?
La risposta a questo interrogativo incide direttamente sull’applicabilità della gestione contributiva agricola e sull’accesso a specifiche agevolazioni contributive, come quelle previste per le cooperative che operano in zone montane o svantaggiate, secondo quanto stabilito dall’articolo 9, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67.
L’assenza di un orientamento univoco fino alla pubblicazione della circolare ha comportato infatti differenze applicative tra le sedi territoriali dell’Istituto, con conseguenti provvedimenti di disconoscimento dell’inquadramento agricolo o di revoca delle agevolazioni già concesse.
Il contratto di soccida rappresenta uno degli strumenti giuridici più tradizionali e diffusi nel settore zootecnico italiano.
Previsto dal codice civile agli articoli 2170 e seguenti, è impiegato per regolare i rapporti di collaborazione tra soggetti che condividono obiettivi produttivi nell’ambito dell’allevamento di animali.
Secondo quanto stabilito dall’articolo 2170 del codice civile, la soccida è un contratto attraverso cui due soggetti, il soccidante e il soccidario, si associano per l’allevamento e lo sfruttamento di una determinata quantità di bestiame; obiettivo del contratto è quello di ripartire gli accrescimenti, i prodotti e gli utili derivanti dall’attività di allevamento, sulla base delle proporzioni stabilite dalla convenzione tra le parti o dagli usi locali.
Il contratto di soccida è caratterizzato da un elemento associativo: ciascuna parte apporta un contributo al ciclo produttivo, sia in termini di capitale (animali, mangimi, infrastrutture), sia in termini di lavoro e competenze tecniche.
L’allevamento è perciò esercitato in forma congiunta, pur restando ciascuna parte titolare della propria posizione giuridica e patrimoniale.
Il bestiame (ovvero la valutazione iniziale del bestiame) e la successiva divisione degli accrescimenti sono elementi chiave della disciplina civilistica del contratto di soccida. Non si verifica un trasferimento di proprietà degli animali, ma un’associazione temporanea di risorse e mezzi di produzione, destinata a concludersi con la redistribuzione dei risultati economici.
L’utilizzo del contratto di soccida risponde a diverse esigenze organizzative ed economiche nel settore agricolo e zootecnico.
Nell’attuale assetto del mercato agroalimentare, il contratto di soccida è frequentemente utilizzato nelle filiere verticali, dove il soccidante può coincidere con un’industria di trasformazione o una cooperativa, e il soccidario con un allevatore specializzato.
Questo schema consente infatti di garantire standard qualitativi omogenei, controlli sanitari centralizzati e forniture regolari per la distribuzione.
Il codice civile distingue tre tipologie principali di contratto di soccida, differenziate in base alla natura dei conferimenti e alle modalità gestionali.
Soccida semplice (art. 2171 c.c.)
Nel contratto di soccida semplice, il bestiame è interamente conferito dal soccidante, che resta proprietario degli animali. Il soccidario si occupa dell’allevamento, utilizzando le proprie strutture e manodopera, ma senza acquisire la proprietà del bestiame.
La stima iniziale degli animali è fondamentale per determinare, alla fine del contratto, la quota di accrescimento spettante a ciascuna parte.
Questa forma è largamente utilizzata nei casi in cui l’imprenditore principale (soccidante) intenda mantenere il controllo del capitale zootecnico e affidare a terzi le operazioni di cura, nutrizione e crescita degli animali.
Soccida parziaria (art. 2182 c.c.)
La soccida parziaria prevede che entrambi i contraenti conferiscano bestiame nelle proporzioni pattuite. In tal caso, gli animali diventano beni in comproprietà, proporzionata ai rispettivi conferimenti. Anche gli accrescimenti, i prodotti e gli utili vengono suddivisi in base a quanto stabilito nella convenzione o secondo gli usi locali.
La soccida parziaria è indicata per forme più equilibrate di cooperazione tra allevatori e imprese, nelle quali ciascuna parte assume un ruolo attivo e partecipa in misura significativa alla gestione dell’allevamento.
Soccida con conferimento di pascolo (art. 2186 c.c.)
Questa forma di contratto, pur denominata soccida, non ha natura associativa, ma si configura come contratto di scambio. In essa, è il soccidario a conferire il bestiame e a dirigere l’allevamento, mentre il soccidante mette a disposizione il terreno per il pascolo. In questo caso, la ripartizione degli utili segue le regole tipiche della locazione di fondi rustici.
La legge n. 203 del 3 maggio 1982 ha previsto la conversione automatica di tale rapporto in un contratto di affitto agrario, privando di fatto questa fattispecie del carattere associativo proprio delle altre due tipologie di soccida.
La soccida monetizzata rappresenta una variante evoluta e sempre più diffusa del contratto di soccida tradizionale, particolarmente impiegata nelle filiere produttive zootecniche organizzate.
Diversamente dalle forme classiche, questa modalità prevede l’esclusione della divisione in natura degli animali e una liquidazione economica al soccidario, con impatti significativi sia sul piano giuridico-fiscale che su quello previdenziale.
La circolare Inps n. 94/2025 dedica ampio spazio a questa tipologia contrattuale, chiarendone gli effetti sull’inquadramento contributivo delle imprese agricole e sulle agevolazioni previste dalla normativa vigente.
Caratteristiche della soccida monetizzata
Nel modello classico di soccida (soprattutto nella forma semplice o parziaria), l’accrescimento del bestiame viene diviso in natura tra soccidante e soccidario, in proporzione agli accordi contrattuali; nella soccida monetizzata, invece, tale divisione non avviene materialmente in quanto i soccidante acquisisce integralmente il prodotto finale dell’allevamento, cioè l’intero accrescimento del bestiame, e liquida al soccidario una quota economica determinata sulla base della valorizzazione della crescita animale.
L’accrescimento, in questo contesto, è valutato in termini monetari come differenza tra il valore iniziale del bestiame conferito e il valore alla fine del ciclo produttivo.
Il compenso spettante al soccidario è quindi calcolato in proporzione agli incrementi economici ottenuti nel processo di allevamento, senza necessità di procedere alla suddivisione fisica degli animali.
Secondo quanto riportato anche dalla risposta n. 134/2024 dell’Agenzia delle Entrate, la soccida monetizzata non comporta trasferimenti di proprietà né all’inizio né al termine del contratto. In particolare:
Questa interpretazione è fondamentale per distinguere la soccida monetizzata da operazioni commerciali vere e proprie, evitando che le attività associative vengano erroneamente qualificate come acquisti o vendite sul mercato.
Un tema centrale affrontato dalla circolare Inps riguarda l’inquadramento contributivo delle imprese che utilizzano contratti di soccida monetizzata, con particolare riferimento alla distinzione tra:
Il principio della “prevalenza” produttiva
Per mantenere l’inquadramento nella gestione agricola è necessario che l’attività di trasformazione, manipolazione o commercializzazione dei prodotti derivi prevalentemente da produzione aziendale.
Questo principio, sancito dal terzo comma dell’art. 2135 c.c. e confermato dal d.lgs. n. 228/2001, implica che i beni utilizzati nel ciclo produttivo provengano principalmente dall’attività dell’imprenditore agricolo o dei soci (in caso di cooperative).
Nel caso della soccida monetizzata, sorge quindi la necessità di stabilire se l’acquisizione del bestiame allevato da parte del soccidante possa ancora essere considerata di origine aziendale, oppure se debba essere qualificata come acquisto dal mercato, con conseguente perdita della qualifica di imprenditore agricolo e passaggio alla gestione previdenziale ordinaria.
Rischi e criticità operative
L’Inps, attraverso i propri controlli, ha evidenziato che l’errata qualificazione dei contratti di soccida monetizzata può determinare gravi conseguenze.
In particolare, la mancata distinzione tra una reale attività associativa (che legittima l’iscrizione alla gestione agricola) e un’attività commerciale camuffata può generare notevoli problemi contabili e contenziosi con l’Istituto.
Un ulteriore aspetto rilevante riguarda le riduzioni contributive previste dalla legge 15 giugno 1984, n. 240 e dalla legge 11 marzo 1988, n. 67, riservate alle cooperative che trasformano prodotti conferiti da soci operanti in zone svantaggiate. Tali benefici possono essere mantenuti solo a condizione che:
La circolare Inps n. 94/2025, in linea con i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate, precisa che anche nel caso della soccida monetizzata, l’acquisizione da parte del soccidante dell’accrescimento realizzato non è considerata un acquisto sul mercato, e quindi non incide negativamente sulla verifica della prevalenza produttiva.
Di conseguenza, le cooperative soccidanti possono continuare a fruire delle riduzioni contributive, a condizione che il bestiame trasformato provenga effettivamente dall’attività del socio soccidario, svolta nelle zone svantaggiate.
Nel contesto delineato dalla circolare Inps n. 94 del 21 maggio 2025, l’Istituto ha stabilito una serie di criteri oggettivi e uniformi per distinguere le vere operazioni associative (come quelle disciplinate dal contratto di soccida) dalle transazioni commerciali mascherate, con l’obiettivo di prevenire errori nell’inquadramento contributivo delle imprese e garantire la corretta fruizione delle agevolazioni previdenziali.
Tali criteri sono fondamentali sia per gli operatori del settore agricolo, zootecnico e cooperativo, sia per i consulenti del lavoro incaricati della gestione delle pratiche Inps.
Parametri distintivi: attività associativa o attività commerciale
Uno dei principali strumenti interpretativi adottati dall’Inps consiste nell’analisi delle modalità concrete di esecuzione del contratto di soccida, con particolare attenzione a due elementi chiave.
1. Divisione in natura dell’accrescimento
La divisione fisica del bestiame accresciuto alla fine del ciclo di allevamento, secondo le proporzioni concordate nel contratto, è un indicatore essenziale di genuinità dell’attività associativa. Quando il soccidante e il soccidario provvedono alla suddivisione materiale degli animali, ciascuno in proporzione al proprio conferimento iniziale, si realizza una ripartizione naturale e non economica del prodotto dell’attività comune.
La presenza di tale prassi operativa evidenzia che l’accrescimento non viene commercializzato come merce acquistata, bensì rappresenta il frutto condiviso dell’allevamento associato, così come previsto dalla normativa civilistica (artt. 2170-2184 c.c.).
2. Rientro nel possesso iniziale e proporzionalità della ripartizione
Un ulteriore parametro è rappresentato dal ritorno al possesso iniziale: ciascuna parte dovrebbe ricevere, alla fine della soccida, la quota di bestiame che corrisponde al valore inizialmente conferito, con l’aggiunta della parte proporzionale dell’accrescimento. Questo meccanismo conferma che non si è in presenza di un acquisto dal mercato, ma di una redistribuzione tra co-produttori.
Quando invece l’intero accrescimento viene prelevato unilateralmente dal soccidante, con successiva liquidazione monetaria al soccidario (tipica della soccida monetizzata), è necessario esaminare con particolare attenzione la natura dell’accordo e il comportamento concreto delle parti, per evitare il rischio di una qualificazione come operazione commerciale.
La corretta distinzione tra operazioni associative e commerciali ha impatti diretti sull’iscrizione dell’impresa alla Gestione contributiva agricola e, di conseguenza, sulla misura e sulle modalità di versamento dei contributi previdenziali.
Origine aziendale o origine di mercato del bestiame
La prevalenza dell’origine aziendale del bestiame allevato è il criterio guida: se il bestiame conferito deriva dall’allevamento interno o da attività svolte dai soci (nel caso delle cooperative), allora l’impresa mantiene la qualifica di imprenditore agricolo e resta iscritta alla gestione agricola.
Al contrario, se si ritiene che l’approvvigionamento del bestiame sia avvenuto tramite acquisti dal mercato, anche se sotto forma di soccida fittizia, l’azienda perde la qualifica agricola e viene iscritta alla gestione DM (industria/commercio), con maggiori oneri contributivi e la revoca di eventuali agevolazioni.
Le riduzioni contributive previste per le cooperative attive nelle zone montane o svantaggiate, ai sensi della legge n. 240/1984 e della legge n. 67/1988, sono subordinate al rispetto di precisi requisiti sostanziali:
Il rispetto di tali condizioni deve essere verificato caso per caso, sulla base della documentazione disponibile, dei flussi di produzione registrati e della tracciabilità dell’origine del bestiame.
La circolare Inps n. 94/2025 ribadisce che le strutture territoriali sono tenute a valutare il comportamento effettivo delle parti e non soltanto la forma contrattuale adottata.
In un’ottica di maggiore equità e coerenza applicativa, l’Inps invita perciò le proprie sedi territoriali ad avviare un’azione di autotutela amministrativa.
Ciò significa che i procedimenti di inquadramento contributivo errato o le revoche ingiustificate delle agevolazioni devono essere riesaminati alla luce dei nuovi criteri interpretativi forniti dalla circolare.
Questo comporta per le sedi Inps:
Per le imprese agricole, zootecniche e le cooperative, la corretta gestione del contratto di soccida richiede una serie di accorgimenti operativi, volti a dimostrare la legittimità del proprio comportamento e a prevenire contenziosi con l’Inps.
1. Adeguamento contrattuale
È opportuno che i contratti di soccida:
2. Comportamento coerente nella fase esecutiva
Anche la migliore redazione contrattuale può risultare inefficace se non accompagnata da comportamenti concreti coerenti:
3. Verifica e conservazione della documentazione
Le imprese devono mantenere un archivio aggiornato e completo di:
Questi documenti saranno fondamentali in caso di controlli da parte dell’Inps o in eventuali procedimenti di autotutela o contenzioso.
Parametro valutativo |
Operazione associativa (soccida) |
Operazione commerciale (fittizia) |
Conseguenze previdenziali |
---|---|---|---|
Divisione dell’accrescimento |
Avviene in natura, secondo le proporzioni contrattuali |
Mancanza di divisione in natura; accrescimento prelevato integralmente da una parte |
Mantiene l'iscrizione alla gestione agricola se la divisione è coerente e documentata |
Rientro nel possesso iniziale |
Le parti rientrano nei beni conferiti (bestiame iniziale), più quota accrescimento |
Non c'è restituzione proporzionale; il soccidante liquida in denaro l’intero accrescimento |
Riconoscimento del carattere agricolo se il rientro è tracciabile |
Origine del bestiame accresciuto |
Dimostrabile come proveniente da attività aziendale o dei soci |
Trattato come acquisto sul mercato |
Perdita del requisito di prevalenza: passaggio a gestione DM |
Forma contrattuale adottata |
Contratto di soccida dettagliato, con clausole specifiche |
Contratto generico, spesso privo di elementi tecnici |
L’Inps valuta la sostanza dell’esecuzione, non solo la forma |
Comportamento effettivo delle parti |
Coerente con la disciplina civilistica e con l’attività agricola/zootecnica |
Simula attività agricola, ma si comporta come intermediario commerciale |
Possibile recupero contributivo e revoca delle agevolazioni |
Trasformazione da parte della cooperativa |
Effettiva e documentata (es. lavorazione carne, prodotti lattiero-caseari, ecc.) |
Il bestiame viene rivenduto senza trasformazione |
Le agevolazioni (zone svantaggiate) sono concesse solo se c’è effettiva trasformazione |
Accesso alle agevolazioni contributive (L. 67/1988) |
Possibile se: 1) il bestiame è del socio, 2) è allevato in zona svantaggiata, 3) è trasformato |
Escluso: se il bestiame non proviene direttamente dal socio o non viene trasformato |
L’Inps richiede la documentazione dettagliata per mantenere le riduzioni |
Esiti dei controlli Inps |
Riconoscimento dell’attività agricola associativa, anche monetizzata se conforme |
Disconoscimento del regime agricolo; rilievo contributivo e possibile sanzione |
Invito alla autotutela e riesame dei procedimenti da parte delle sedi territoriali |
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