Soggetto passivo anche senza identificativo Iva e iscrizione alla banca dati Vies

Pubblicato il 20 settembre 2018

Per il riconoscimento dello status di soggetto passivo nei rapporti internazionali non è necessaria, come condizione sostanziale, né il possesso di un numero identificativo Iva né l'iscrizione al Vies.

Secondo la corretta applicazione delle norme Iva, per distinguere i soggetti passivi dai consumatori finali occorre verificare la presenza di requisiti sostanziali, quali l'esercizio in modo indipendente di un'attività economica.

L'attribuzione del numero di partita Iva e l'iscrizione al Vies sono, invece, da considerare puri elementi formali.

Pertanto, il mancato inserimento di un operatore italiano nella banca dati Vies non pregiudica il suo diritto ad essere considerato soggetto passivo e non osta alla conseguente applicazione del regime di non imponibilità Iva nelle operazioni intracomunitarie.

Questa la tesi sostenuta dall’Aidc nella norma di comportamento n. 204 del 19 settembre 2019, che ricalca quanto costantemente sancito dalla Corte di giustizia Ue in contrasto con la prassi amministrativa nazionale.

Disciplina comunitaria: l’iscrizione al Vies non è requisito sostanziale

I giudici comunitari hanno costantemente sancito che l'utilizzo del codice identificativo Iva è sicuramente un elemento formale dell'operazione, ma non sostanziale.

Secondo il consolidato orientamento della Corte di Giustizia Ue, infatti, il possesso del numero di identificazione Iva costituisce un elemento formale ai fini del riconoscimento della soggettività passiva e può incidere sulla natura dell’operazione soltanto se la sua assenza impedisce che sia fornita prova certa dei requisiti sostanziali.

In altri termini, il regime di non imponibilità Iva di una cessione intraunionale non può essere negato per il solo motivo che al momento della cessione l’acquirente non era iscritto al Vies.

Tuttavia, per finalità di controllo, non si può negare l'utilità pratica dell'incrocio delle partite Iva.

Al riguardo, è da ricordare la proposta di modifica della direttiva 2006/112/CE, la quale è finalizzata proprio a far sì che il numero di identificazione Iva valido del soggetto passivo costituisca una condizione sostanziale aggiuntiva per applicare il regime di non imponibilità Iva nelle cessioni intracomunitarie.

Aidc: un requisito formale non può diventare requisito sostanziale

L’Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti contabili, nella norma di comportamento n. 204, concordando con il consolidato orientamento della Corte Ue, sottolinea le differenze sostanziali che sussistono tra le cessioni di beni (alle quali si riferisce la suddetta proposta di modifica) e le prestazioni di servizi (per le quali restano validi i principi fissati dalla giurisprudenza Ue). Alla luce di ciò, l’Aidc conclude che il possesso della partita Iva e l'iscrizione al Vies non rappresentano l'unico modo per dimostrare che il cessionario è un soggetto Iva, perché altrimenti non sarebbe necessaria una norma modificativa.

Il numero di identificazione Iva è utile, quale elemento di controllo in un sistema dove è presente un elevato numero di transazioni, ma ciò non può essere sufficiente a trasformare il requisito da formale in sostanziale.

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