Solo uno scostamento significativo dagli studi di settore giustifica l’accertamento fiscale

Pubblicato il 17 maggio 2011 Sulla scia di un orientamento oramai consolidato da diversi anni, con l’ordinanza n. 10778 del 16 maggio 2011, la Corte di Cassazione ha rifiutato il ricorso presentato dall’Amministrazione finanziaria e considerato invalido un atto di accertamento fiscale basato sugli studi di settore, a causa dello scarso scostamento tra quanto dichiarato e lo studio in questione. In più, il ricorrente era riuscito a smentire una per una le voci contestate dal Fisco.

Per la Cassazione, è onere del contribuente dimostrare – senza alcuna limitazione di mezzi e contenuto – che esistono particolari condizioni che escludono l’attività d’impresa svolta dall’area dei soggetti cui si possono applicare i parametri o gli studi di settore, mentre “la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente”.

Ne consegue che l’accertamento tributario standardizzato basato sull'applicazione dei parametri o degli studi di settore “costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente".
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