Somministrazione a termine, la causale generica non basta

Pubblicato il 05 novembre 2019

Per poter ricorrere in maniera genuina all’istituto della somministrazione di manodopera a tempo determinato, l’utilizzatore deve indicare una causale sufficientemente specifica. Quindi, non basta apporre sul contratto di lavoro una causale generica che, tra l’altro, non consentirebbe alcuna verifica di effettività delle ragioni a fondamento del contratto di somministrazione.

A stabilirlo sono i giudici della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28285 del 4 novembre 2019. Il caso riguarda un lavoratore assunto in somministrazione, ai sensi del D.Lgs. n. 276/2003, con la causale “punte di più intensa attività che non è possibile evadere con risorse normalmente impiegate”. Dopo la pronuncia favorevole espressa dai giudici della Corte d’Appello in merito all’instaurazione del rapporto di lavoro, il lavoratore impugnava la sentenza e ricorreva in Cassazione.

Somministrazione a termine, le causali

Si ricorda, al riguardo, che al caso in concreto risultava applicabile l’art. 20, co. 4 del D.Lgs. n. 276/2003, il quale ammetteva il ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo determinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore.

Ora, la disciplina della somministrazione è contenuta all’art. 30 e ss. del D.Lgs. n. 81/2015, che amplia a tale tipologia contrattuale la normativa sul lavoro a termine, tra cui appunto l’indicazione delle causali.

Somministrazione a termine, la Cassazione

I giudici della Suprema Corte accolgono il ricorso del lavoratore e affermano che la causale è nulla. Gli ermellini, nel caso di specie, affermano che l'indicazione della causale non può essere tautologica, né può essere generica, dovendo esplicitare il collegamento tra la previsione astratta e la situazione concreta.

Quindi, la causale deve necessariamente essere accompagnata da altri dati di conoscenza che consentano l’individuazione della ragione organizzativa ed il controllo della sua effettività, nonché del rapporto di causalità con l'assunzione. Inoltre, occorre che le ragioni dell'utilizzazione di lavoratori siano esplicitate nella loro fattualità, in modo da rendere chiaramente percepibile l'esigenza addotta dall'utilizzatore e il rapporto causale tra la stessa e l'assunzione del singolo lavoratore somministrato.

Tra l’altro, affermano i giudici di legittimità, ammettere che il contratto di somministrazione possa tacere in merito alle ragioni della somministrazione a tempo determinato, riservandosi di enunciarle solo a posteriori in ragione della convenienza del momento, vanificherebbe in toto l'impianto della legge e siffatta omissione sarebbe indice inequivocabile di frode alla legge o di deviazione causale del contratto, entrambe sanzionate con la nullità. Sarebbe, infatti, svuotata di contenuto ogni verifica sulla effettività della causale ove questa potesse essere non indicata o solo genericamente indicata nel contratto.

In conclusione, non è sufficiente un riferimento semplicistico alle "punte di più intensa attività che non sia possibile evadere con le risorse normalmente impiegate", poiché tale dizione si risolve in un'affermazione tautologica che non consente alcuna verifica se non, a posteriori, mediante l'indicazione di circostanze ulteriori non immediatamente percepibili dal lavoratore.

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