Specializzazioni forensi. Tar Lazio: diritto commerciale tra i settori primari

Pubblicato il 08 gennaio 2024

Per quanto riguarda le specializzazioni forensi, è irragionevole ed illogico l'inserimento del diritto commerciale nella sottocategoria dei meri “indirizzi” del diritto civile, anziché tra i settori primari di specializzazione.

Lo ha puntualizzato il Tar del Lazio nell'accogliere - con le sentenze nn. 189 e 188 pubblicate il 3 gennaio 2024 - i ricorsi rispettivamente presentati dall'associazione Orizzonti del Diritto Commerciale (Associazione Italiana dei Professori Universitari di Diritto Commerciale) e da alcuni avvocati e professori ordinari di diritto commerciale presso diversi atenei, al fine di ottenere l'annullamento del Decreto del ministero della Giustizia n. 163/2020, modificativo del precedente DM n. 144/2015, contenente il "Regolamento recante disposizioni recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista".

Il decreto in esame era stato impugnato per asserita illegittimità, nella parte in cui prevede il collocamento del diritto commerciale nella sottocategoria dei meri “indirizzi” del diritto civile, anziché tra i settori primari di specializzazione.

Tar Lazio su specializzazioni avvocati: scelta irragionevole sul diritto commerciale

Doglianza giudicata fondata dal Tribunale amministrativo regionale, secondo cui la determinazione ministeriale sulle specializzazioni risulta viziata da evidente irragionevolezza.

In primo luogo, sono state ritenute fondate le doglianze di illogicità relative alla scelta ministeriale di attribuire maggiore rilevanza a materie di carattere settoriale, senza includere nell’elenco il diritto commerciale.

Questo, nonostante la risalente tradizione scientifica del diritto commerciale, che rappresenta una materia “generalista” contenente, a stretto rigore, talune delle stesse materie inserite tra i settori di specializzazione (tra questi, il diritto della concorrenza).

Per i giudici amministrativi, il fatto che queste ultime materie abbiano acquisito una loro autonoma importanza disciplinare e applicativa non neutralizza la correttezza dell'argomento ”sineddotico” proposto dai ricorrenti, né elimina la contraddittorietà di inserire nell’elenco “il particolare” e non “il generale”.

Condivisibile, secondo il Tar, anche la censura relativa all’inclusione, nell’elenco, di talune materie - quali il “diritto dello sport” o lo stesso “diritto della persona, delle relazioni familiari e dei minorenni” - che, pur divenute importanti nelle dinamiche socio-giuridiche moderne, non possono certo considerarsi prevalenti o, quantomeno raffrontabili, per rilevanza pratica e scientifica, al diritto commerciale, escluso dai settori principali di specializzazione.

Il ministero, peraltro, non ha nemmeno tenuto conto dei corsi universitari in giurisprudenza o scienze giuridiche, già dai quali potrebbe desumersi una scala gerarchica degli insegnamenti, da considerare in sede di individuazione dei settori primari di specializzazione dell’avvocato.

Il tutto senza parlare della contraddittorietà che vede il diritto commerciale, “relegato” tra i meri indirizzi del diritto civile, come irragionevolmente equiparato a materie (quali diritto industriale, della proprietà intellettuale e dell’innovazione tecnologica, diritto bancario e dei mercati finanziari, il diritto della crisi dell’impresa e dell’insolvenza) che costituiscono delle partizioni del diritto commerciale medesimo.

Diritto commerciale come settore primario, non mero indirizzo

In definitiva, per i giudici amministrativi l’indicazione del diritto commerciale come mero “indirizzo” non consente all’avvocato specialista di qualificare correttamente le proprie competenze.

E difatti:

L’avvocato esperto in diritto commerciale, invero, dovrebbe individuare un unico settore di riferimento - e quindi il “diritto civile” - mentre non potrebbe indicare altro settore e tutti gli indirizzi del diritto commerciale stesso, sul quale, altresì, potrebbe essere qualificato, con pregiudizio della ratio sottesa al decreto impugnato, di individuare con maggiore precisione possibile le competenze dei professionisti.

Senza contare che diventa poco agevole, per il potenziale cliente, l'individuazione e la selezione delle varie materie, tra loro strettamente connesse (quali ad esempio il diritto commerciale e societario e il diritto della crisi di impresa), tutte ricomprese nell’ambito della “macro” materia commerciale.

Il ricorso, in conclusione, è stato accolto, con assorbimento di ogni altra doglianza e conseguente annullamento dell’atto impugnato "nei sensi e nei limiti di cui in parte motiva".

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