Stalking. Non serve la patologia, basta la destabilizzazione

Pubblicato il 17 dicembre 2015

Nel reato di stalking ex art. 612 bis c.p., la sussistenza del grave e perdurante stato di turbamento emotivo, prescinde dall'accertamento di uno stato patologico, essendo sufficiente che gli atti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima. Ed in tal senso assumono rilevanza tanto le dichiarazioni della persona offesa, quanto le sue condotte, conseguenti e successive all'operato dell'agente

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, quinta sezione civile, con sentenza n. 49613 depositata il 16 dicembre 2015, respingendo il ricorso di un imputato, condannato ex art. 612 bis c.p. per aver reiteratamente molestato una donna.

Per la prova, dichiarazioni della vittima e comportamenti conseguenti

Nella specie, infatti, la Corte ha ritenuto pienamente provato tale stato di turbamento, sulla base delle dichiarazioni della stessa vittima, degli altri testi escussi, nonché degli elementi sintomatici desunti dai comportamenti conseguenti alla condotta dell'agente, senza che fosse necessario – ed in ciò baipassando la censura dell'imputato – un apposito riscontro esterno oggettivo, quale una perizia medica sullo stato psicologico della donna.

In particolar modo, nel caso specifico – ai fini della condanna - sono state valorizzate le dichiarazioni della persona offesa che ha riferito di essere stata costretta, a causa del comportamento dell'imputato, a rivolgersi ad uno psicologo e ad assumere sonniferi ed antidepressivi e, da ultimo, di essere stata colta, in conseguenza dei medesimi fatti, da frequenti attacchi di panico. Circostanze, queste, tutte confermate dagli altri testimoni escussi (marito della donna e medico curante).  

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