Stessa tassa rifiuti per studi professionali e negozi

Pubblicato il 14 settembre 2017

Se il Comune non prevede diversamente

La Corte di cassazione ha respinto il ricorso avanzato da un legale contro la decisione con cui i giudici di merito avevano confermato alcuni avvisi di accertamento emessi dal Comune per la TIA riferita all’unità abitativa dove la ricorrente svolgeva la propria attività professionale.

L’avvocato si era rivolto alla Corte di legittimità lamentando l’illegittima equiparazione, ai fini della determinazione della TARSU, dello svolgimento dell’attività professionale di avvocato alle altre attività commerciali.

Potere discrezionale dell’ente impositivo

Motivo, questo, ritenuto non fondato dalla Sezione tributaria di Cassazione la quale, nel testo dell’ordinanza n. 21234 depositata il 13 settembre 2017, ha precisato che, in ordine al presupposto della TARSU, l’articolo 62, comma 4 del Decreto legislativo n. 507/1993 concede agli enti impositori un potere discrezionale, e non un dovere, di determinare una speciale tariffa per le attività professionali ed economiche.

La norma, difatti, dispone letteralmente che “nelle unità immobiliari adibite a civile abitazione, in cui sia svolta un'attività economica o professionale, può essere stabilito dal regolamento che la tassa è dovuta in base alla tariffa prevista per la specifica attività ed è commisurata alla superficie a tal fine utilizzata”.

Orbene, nella specie, il regolamento comunale ricomprendeva, in tema di TARSU, le attività professionali, come quella svolta dalla ricorrente, all’interno della categoria relativa a “Uffici professionali, commerciali, industriali e simili” e non era stata individuata alcuna speciale tariffa per gli studi professionali.

La scelta dell’ente impositore in esame, in definitiva, non poteva essere contestata, non costituendo un’imposizione, bensì una facoltà per il Comune, quella di optare per quest’ultima tariffa. L’impugnazione, quindi, andava rigettata.

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