È sufficiente il “dolo generico” per accusare i sindaci di bancarotta fraudolenta

Pubblicato il 27 maggio 2011 Con la sentenza n. 21051, del 26 maggio 2011, la Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta documentale nei confronti di tre sindaci di una Spa fallita. Con tale pronuncia gli Ermellini accrescono dunque la responsabilità del Collegio sindacale, nel caso di fallimento della società per azioni, ribadendo una condanna più grave per i membri del Collegio che si sono limitati ad effettuare un riscontro contabile sulla documentazione messa a disposizione dagli amministratori, senza procedere a verificare la realtà dei fatti.

I giudici di Cassazione sono giunti a tale conclusione applicando il principio generale secondo cui “per la integrazione del reato di cui alla seconda ipotesi del rd 16 marzo 1942, n. 267, articolo 216, comma 1, n. 2, ravvisabile nella condotta dell'aver tenuto i libri e le altre scritture contabili in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio della società o del movimento degli affari, sia sufficiente il dolo generico, ossia la consapevolezza che la confusa tenuta della contabilità renderà o potrà rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio, considerato che la locuzione in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, formulata appunto in relazione alla fattispecie della irregolare tenuta delle scritture contabili, connoti la condotta e non la volontà dell'agente, sicché è da escludere che configuri il dolo specifico”.

Con la sentenza n. 21039, del 26 maggio 2011, dalle Sezioni unite penali della corte di Cassazione, sempre in tema di bancarotta, è stato ribadito che anche nell’ambito dello stesso fallimento l’imprenditore può essere nuovamente indagato - dopo essere stato assolto nel primo giudizio – se emergono a suo carico nuovi elementi.

Questo il consenso espresso dalla Suprema Corte: “più condotte tipiche di bancarotta poste in essere nell'ambito di uno stesso fallimento mantengono la propria autonomia ontologica e danno luogo a un concorso di reati, che vengono unificati, ai soli fini sanzionatori, nel cumulo giuridico”.
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