Sul costo degli alberghi e dei ristoranti all’estero non si sconta l’Iva, ma l’imposta locale

Pubblicato il 06 aprile 2010

Le nuove regole Iva in vigore dal 2010 non riguardano i costi sostenuti per servizi alberghieri e per quelli di ristorazione “fissa” erogati fuori dal territorio nazionale. Il Paese di tassazione non è, infatti, il territorio dello Stato, ma il Paese dove il servizio di ristorazione è eseguito o l’alloggio è fornito. In questo caso, il servizio non deve essere assoggettato ad Iva, ma all’imposta locale dove esso viene prestato e nessuna procedura di autofatturazione o di integrazione della fattura estera deve essere eseguita. Cioè, le società e i professionisti italiani che ricevono fattura di alberghi o ristoranti per servizi acquisiti dai propri dipendenti all’estero non devono emettere alcuna autofattura o eseguire alcuna procedura di integrazione e devono unicamente registrare il costo solo in contabilità generale. Le stesse operazioni non sono comprese nei modelli Intra 2 degli acquisti.

Tuttavia, a seguito del provvedimento del 1° aprile 2010, con cui il direttore dell’agenzia delle Entrate ha regolamentato la procedura prevista agli articoli 38-bis1, 38-bis2, e 38 ter del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972, è possibile da parte dei soggetti passivi nazionali richiedere il rimborso dell’Iva indicata in fattura e assolta in un altro Stato membro. Il tutto avviene presentando apposita istanza all’agenzia delle Entrate esclusivamente per via telematica. L’Istanza è presentata distintamente per ciascun periodo d’imposta, entro il 30 settembre dell’anno solare successivo al periodo di riferimento, nei limiti e con la periodicità stabiliti dallo Stato membro competente per il rimborso. Il rimborso verrà così erogato direttamente dallo Stato membro competente secondo le modalità stabilite.

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