Trasferimento dei lavoratori: datore non tenuto a indicare i motivi

Pubblicato il 07 luglio 2021

In materia di trasferimento del lavoratore, il datore di lavoro non è tenuto a osservare alcun obbligo di forma per la comunicazione del relativo provvedimento né a fornire al dipendente l’indicazione dei motivi della decisione.

Se convenuto in giudizio, egli ha l’onere di allegare e provare le fondate ragioni che hanno determinato il trasferimento nonché il rispetto, soprattutto nei casi che abbiano riguardato un numero rilevante di dipendenti, dei principi di buona fede e correttezza.

Provvedimento di trasferimento del lavoratore a forma libera

Con ordinanza n. 19143 depositata ieri, 6 luglio 2021, la Corte di cassazione ha ribadito i consolidati principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di trasferimento individuale del lavoratore.

Ha così rammentato come la comunicazione del trasferimento al dipendente, come pure la richiesta dei motivi e la relativa risposta, in difetto di una diversa previsione, sono assoggettate al principio generale di libertà delle forme.

Difatti, il provvedimento di trasferimento non è soggetto ad alcun onere di forma e non deve necessariamente contenere l’indicazione dei motivi, né il datore è obbligato a rispondere al lavoratore che, eventualmente, li richieda.

Questo, salva l’ipotesi in cui sia contestata la legittimità del trasferimento, nel qual caso parte datoriale è tenuta ad allegare e provare in giudizio le fondate ragioni che lo hanno determinato, non potendo limitarsi a negare la sussistenza dei motivi di illegittimità oggetto di allegazione e richiesta probatoria di controparte.

In ogni caso, il controllo giurisdizionale sulla legittimità del provvedimento datoriale va effettuato anche alla luce dei principi generali di correttezza e buona fede.

Datore può trasferire il dipendente anche senza spiegare i motivi

E’ sulla base di tali assunti che la Suprema corte ha annullato, con rinvio, la decisione con cui i giudici di secondo grado avevano dichiarato l’illegittimità del provvedimento di trasferimento di un lavoratore adottato dalla Srl datrice di lavoro.

Nella vicenda di specie, la Corte territoriale aveva ritenuto che la comunicazione con cui l’azienda aveva informato il dipendente della sussistenza del trasferimento di una delle sue strutture non fosse, da sola, elemento esaustivo e sufficiente a suffragare la motivazione posta alla base dello spostamento.

La società si era rivolta alla Cassazione, davanti alla quale aveva lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c., atteso che le norme sul trasferimento dei lavoratori non impongono al datore di lavoro di seguire una particolare forma per comunicare il provvedimento né di spiegare ai dipendenti le ragioni della propria scelta imprenditoriale.

Controllo del giudice su ragioni tecniche, organizzative e produttive

Doglianza giudicata fondata dagli Ermellini, dopo aver evidenziato che il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive legittimanti il trasferimento deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento datoriale e le finalità tipiche dell’impresa, trovando un preciso limite nel principio di libertà dell’iniziativa economica privata.

Non sindacabile il merito della scelta del datore

Tale controllo, dunque, non può essere ampliato al merito della scelta dell’imprenditore, che non deve necessariamente presentare i caratteri dell’inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento costituisca una delle ragionevoli scelte adottabili sul piano tecnico, organizzativo e produttivo.

Si tratta di un vaglio che resta circoscritto all’accertamento del nesso di causalità tra il provvedimento di trasferimento e le ragioni poste a fondamento della scelta imprenditoriale, senza che sia sindacabile il merito di tale scelta al fine di valutarne l’idoneità o l’inevitabilità.

La decisione impugnata, in definitiva, è stata cassata, non risultando conforme ai consolidati principi sopra richiamati.

La Corte d’appello, infatti, aveva ritenuto che non sussistessero le ragioni giustificative del provvedimento senza consentire alla società di fornire la prova delle stesse, statuendo l’illegittimità del trasferimento sulla base dell’asserita violazione di regole procedurali dettate per altre fattispecie e non ricavabili dalla contrattazione collettiva applicata all’azienda.

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